Pur nel contesto di recessione generale, il biotech italiano continua ad espandersi. Il fatturato globale ha oltrepassato i sette miliardi di euro, con una crescita del 4,2 per cento in un anno. Le imprese censite sono 384, tutte ovviamente d’eccellenza, proiettate al futuro. Insomma, il settore gode di ottima salute e rappresenta un’ottima scommessa per l’avvenire del nostro Paese.
Almeno ciò è quanto emerge dal rapporto “BioInItaly”, edizione 2015, promosso dal centro studi di Assobiotec, l’associazione per lo sviluppo delle biotecnologie che anche quest’anno coordinerà il programma italiano della “Settimana europea delle biotecnologie” (biotechweek.org), che si svolgerà dal 12 al 18 ottobre. L’evento, giunto alla sua terza edizione, vedrà l’Italia capofila in Europa con 44 iniziative su tutto il territorio nazionale, nelle quali è prevista particolare attenzione alla sicurezza alimentare.
Ma quella di Assobiotec è soltanto una delle manifestazioni in programma in questo inizio d’autunno. Lodi ospita il 24 e il 25 settembre il Forum italiano sulle biotecnologie industriali e la bioeconomia, con sessioni dedicate a salute, ambiente, energia, chimica e agro-alimentare, mentre da venerdì 25 a domenica 27 settembre il Friuli-Venezia Giulia sarà protagonista dell’innovazione nella ricerca con “Trieste Next”, il Salone europeo della ricerca scientifica, con particolare attenzione al ruolo delle biotecnologie applicate all’agricoltura per “poter garantire produzione di cibo sufficiente a sfamare la popolazione mondiale in crescita”.
Tra i protagonisti più attesi al salone di Trieste c’è Segenet Kelemu, direttrice del Centro internazionale per la fisiologia e l’ecologia degli insetti (Icipe) di Nairobi, la quale sostiene che le biotecnologie “possono aiutare le colture ad adattarsi meglio ai cambiamenti climatici, come per esempio rendere alcune varietà di piante più resistenti alla siccità”, ritenendo che biotecnologie e agricoltura sostenibile non siano affatto in contraddizione.
Si mira alla sostenibilità, secondo la scienziata, utilizzando “meno risorse per produrre più cibo per la crescente popolazione del pianeta. Le risorse che abbiamo a disposizione sono infatti limitate, quindi dobbiamo essere innovativi per usarle in modo efficace ed efficiente”.
A Trieste, Segenet Kelemu ha illustrato anche la tecnologia “push-pull”, ideata dall’Icipe e sperimentata da circa 20 anni in Africa, che permette di combattere gli insetti nocivi e le erbacce infestanti, incrementando contemporaneamente la quantità di foraggio per il bestiame e la produttività. Tale tecnica prevede di collocare tra i filari del campo “piante dalle proprietà repellenti per certi insetti (“push”) e di recintare l’appezzamento di terreno con piante trappola (“pull”), che attraggono gli insetti dove la loro presenza non è dannosa. Le piante push-pull vengono poi utilizzate come foraggio”. Inoltre, le sostanze liberate dalle radici del desmodio, pianta usata per tenere lontani gli insetti, inibiscono lo sviluppo della striga, erba parassita che sottrae nutrimento alle colture.
Le biotecnologie, in linea generale, vengono utilizzate nel settore agroalimentare per ottimizzare il ruolo dei microrganismi, conosciuto da secoli, nella produzione di alimenti comuni. Negli ultimi decenni il settore agroalimentare è sempre più influenzato dalle biotecnologie, in particolare grazie alle analisi sempre più avanzate dei processi fermentativi e dei meccanismi di incrocio e selezione di varietà animali e vegetali. Da non dimenticare anche le numerose applicazioni nel campo del biorisanamento (trattamento, riciclo e bonifica di rifiuti attraverso microrganismi attivi).
Le biotecnologie vengono utilizzate anche in campo medico, ad esempio attraverso l’ingegneria genetica, che accende anche molti interrogativi di carattere etico.
Sono numerosi, infatti, gli oppositori a queste tecniche, tra cui rientrano quelle associate all’utilizzo di organismi geneticamente modificati. Le polemiche più note sono quelle legate alle piante transgeniche, come il mais BT, uno dei più celebri esempi di prodotto Ogm.
Secondo gli ultimi dati, sono soprattutto gli Stati Uniti a primeggiare nella materia, con almeno 1.300 aziende che operano nel campo biotecnologico.
Uno degli argomenti più utilizzati a sostegno delle ricerche è quello demografico. La popolazione mondiale potrebbe raggiungere 10 miliardi di individui nel 2050 e quello della nutrizione sarà un problema globale. Secondo molti studiosi, l’agricoltura dovrebbe affidarsi totalmente alla tecnologia.
La pensano diversamente soprattutto i movimenti noglobal, favorevoli a restituire dignità ai milioni di piccoli coltivatori sparsi per il mondo, veri presidi per la diversità e la salvaguardia dei territori, con il loro carico umano e culturale.
Non manca chi lavora a rendere compatibili i due approcci contrapposti alla questione.
A favorire il confronto, o perlomeno ad offrire utili elementi per la conoscenza e per il dibattito, ecco fiorire i tanti eventi collegati alla tematica.
Nei diversi forum vengono illustrate le nuove ricerche scientifiche ed industriali, in particolare quelle che vengono presentate come panacea per favorire una crescita economica sostenibile (si pensi alle nuove tecnologie che mirano a superare la dipendenza dal petrolio e dalle altre fonti energetiche fossili).
E l’Italia? Il ministro Martina in più occasioni ha aperto alle “biotecnologie sostenibili”, sottolineando come esse possano rappresentare uno spicchio di futuro per il nostro Paese. Ma tale linea, ribadita anche nel corso dell’incontro dello scorso 14 luglio all’Expo di Milano, ha riacceso il dibattito soprattutto sugli organismi geneticamente modificati, già alimentato in sede comunitaria dopo la direttiva 2015/412 dell’Unione europea, con la quale si stabilisce che gli Stati membri possono “limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul loro territorio”.
Il rischio, spiegano gli oppositori alle modifiche genetiche, è quello che la categoria degli Ogm, che in Europa fa rabbrividire tanti consumatori, possa essere edulcorata attraverso nuove definizioni, come le tecniche denominate “Cisgenetica” e “Genome editing”, rientranti tra le tecnologie “sostenibili” del futuro.