L’ortofrutta italiana presenta storicamente problematiche non risolte, ma ora le conseguenze della guerra in Ucraina rischiano di mettere definitivamente k.o. il settore. L’aumento degli eventi climatici estremi con effetti sui campi, i danni da insetti alieni come la cimice asiatica, la frammentazione della filiera e una catena del valore ancora non equa per gli agricoltori devono ora sostenere i rincari energetici, così come quelli di fertilizzanti, trasporti e imballaggi, elementi che hanno più che raddoppiato i costi correnti per la produzione di frutta e verdura, con incrementi tra il 65% e il 70% in particolare per l’orticoltura, e perdite di reddito che raggiungono anche l’80% nelle aziende specializzate, solo in parte compensate dal rialzo dei prezzi al consumo. E’ probabilmente il momento di intervenire con misure di sostegno specifiche per il comparto, per evitare di far andare in pezzi un patrimonio nazionale da 15 miliardi di Euro di fatturato all’anno.
Sul versante del commercio, negli ultimi dieci anni, l’ortofrutta europea è stata più volte vittima delle controversie geopolitiche diventando oggetto di sanzioni. Destinazioni importanti dell’export sono state via vi sospese: la Russia nel 2014, l’Algeria nel 2016, la Bielorussia a gennaio 2022. E se il conflitto in Ucraina non ha avuto immediati effetti shock sul comparto, come è successo ad esempio per cereali e mangimi, le ripercussioni indirette sono altrettanto drammatiche, con i rialzi eccezionali di tutti gli input di produzione che, secondo le previsioni, per il settore ortofrutticolo Ue rappresentano un costo aggiuntivo di quasi 10 miliardi di Euro l’anno. E quasi 4 miliardi sono solo l’addizionale logistico totale (disponibilità di container, trasporti a lunga distanza, distribuzione locale) per i prodotti freschi. In più, il perdurare della guerra può ridurre i consumi, frenare le esportazioni in Ucraina e reindirizzare quei Paesi terzi che ancora riforniscono il mercato russo verso l’Europa, con il rischio di creare sovrapposizioni commerciali e volumi invenduti di frutta e verdura, che sconta anche il problema della deperibilità.