Ritrovarsi catapultati improvvisamente in una sorta di scenario post-bellico, in un bosco di alberi caduti che conservano la memoria di un terribile disastro. VAIA è una mostra fotografica outdoor, dedicata all'impietosa tempesta che nell'ottobre del 2018 si è abbattuta sul Nord Est italiano, rovesciando in poche ore le foreste e distruggendo così, in modo permanente, i boschi del territorio. Realizzata dal fotografo e reportagista Manuel Cicchetti, l'iniziativa trova spazio sulle cancellate esterne e interne dei Giardini Indro Montanelli e del Museo di Storia Naturale di Milano, nell'ambito dell’evento nazionale #All4Climate Italy 2021, preparatorio alla 26ma Conferenza delle Parti di Glasgow (COP26). La mostra è promossa e prodotta dal Museo di Storia Naturale di Milano, Comune di Milano-Cultura, Ricordi Music School, TMC e STILL FOTOGRAFIA, con il Patrocinio di Fondazione Cariplo.
VAIA, identikit e obiettivi della mostra
Il progetto Vaia nasce con l’intento di mettere l'uomo di fronte alla sua parte di responsabilità, invitando l’osservatore ad addentrarsi nella natura devastata dal ciclone, in un rapporto emotivamente paritetico con l'ecosistema distrutto. Il fotografo ha scelto, infatti, di avvicinarsi quanto più possibile ad un rapporto di 1:1 tra la Natura e l’osservatore, immortalando in 34 scatti in bianco e nero un paesaggio tanto desolato da far pensare a una guerra appena conclusa. Un viaggio che si fa via via più consapevole grazie ai testi messi a corredo delle immagini in mostra, che si pongono come ultimo appello delle piante prima di rovinare al suolo. Se le immagini ritraggono gli alberi ormai caduti, quale grido avrebbero potuto lanciare- se avessero avuto possibilità e voce- un attimo prima della fine?
Una riflessione a tuttotondo
L'iniziativa nasce con un'ambizione di fondo: dare voce alle piante che, nel corso del ciclone del 2018, sono andate distrutte. Se ne occupano, in maniera metaforica, le fotografie di Cicchetti e lo fanno, in modo ancora più diretto, le parole attraverso le quali si immagina che gli alberi si sarebbero espressi prima di cadere al suolo. È in tale senso che il progetto VAIA diventa più ampio: alla mostra si accompagna un omonimo libro fotografico, che affida al giornalista Angelo Miotto il compito di evocare l’ultimo pensiero di RadiceTorta, Fioretto, FustoDritto, Corteccia, TanaFelice e molti altri alberi caduti.
Una scelta- quella di attribuire un nome a ciascun albero- tesa a rendere loro omaggio, tributo e dignità. “Mi chiamo Fioretto, perché gli ultimi metri della mia cima sono esili e ondeggiano al vento come se fossi un tiratore di scherma che combatte contro il vento. Quando si placa il soffio riposo, pronto per la prossima sfida. Quei fendenti leggeri ora non sono più, la mia lama è stata spezzata e nessuno potrà più forgiarla di nuovo” si legge in uno dei testi. “ Non era lo stesso vento che giocava con me quel giorno, ma un turbine iroso, ho pensato, mentre cedevo di schianto”. Alcuni estratti del libro fungono da corredo per le immagini in mostra, unendo due diversi linguaggi artistici a servizio di un messaggio comune. Una riflessione a tuttotondo che, a partire dai danni inferti agli ecosistemi da fenomeni meteorologici estremi, intende: da un lato, denunciare le responsabilità dell'uomo in campo ambientale; dall'altro, riconoscerne l'operosità nelle azioni messe in campo per riparare al disastro.