La pesca italiana come “rimedio alla disoccupazione”. Così Toni Scilla, Presidente della sezione siciliana di Agripesca, struttura che fa capo all’Unione Coltivatori Italiani, nel corso dell’incontro, tenutosi pochi giorni or sono a Roma, con il capo della Direzione generale della Pesca Marittima e dell’Acquacoltura del Mipaaf, dott. Riccardo Rigillo.
I due si sono detti soddisfatti per il “percorso comune intrapreso all’interno della volontà di operare in maniera significativa per il bene della pesca italiana”.
In particolare, si è parlato della necessità di apportare un certo snellimento della burocrazia che caratterizza il settore, e dell’importanza dello sviluppo delle relazioni con i paesi del Maghreb. La marineria siciliana, e quella italiana in generale, rispetta le scadenze poste dagli enti ministeriali e dalle istituzioni dell’Unione, ma ora chiede di cambiare passo.
Il comparto della pesca italiana, che interessa circa 7.500 chilometri su tutto il territorio nazionale con al primo posto la Sardegna seguita dalla Sicilia e Puglia, è stato negli ultimi anni relegato a segmento produttivo marginale. E la sopravvivenza economica degli operatori del mare è stata posizionata, spesso, in secondo piano rispetto a quella degli stock ittici.
"Uci e Agripesca promuovono una sostenibilità che segua parametri di carattere ambientale e sociale che possano convivere in sinergia per il bene di tutto il Paese", ha spiegato il presidente di Uci Nazionale, Mario Serpillo. “Dobbiamo pensare alla pesca italiana anche come possibile rimedio al male che affligge i nostri giovani, la disoccupazione” ha concluso fiducioso Toni Scilla.
È per questa grande valenza della filiera pesca, economica, culturale e alimentare, che “ora dal Ministero delle politiche agricole ci aspettiamo che alle giuste parole pronunciate seguano i fatti concreti di cui tanto abbiamo bisogno”.
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