Non si placa l’allarme per la Peste Suina Africana che ha colpito il Nord Italia, mettendo a rischio tutto il comparto suinicolo che, tra produzione e industria, vale circa 13 miliardi di euro. Al momento sono 27 i focolai attivi, 19 dei quali in Lombardia, sette in Piemonte e uno in Emilia Romagna, nel Piacentino.
Una situazione certamente preoccupante per il commissario straordinario Giovanni Filippini che non esita a parlare di epidemia. I toni drammatici sono condivisi un po’ da tutti. Intanto, l’Uci e diverse altre organizzazioni chiedono che venga dichiarato lo stato di calamità nazionale, per fare fronte alle spese per contenere il virus e risarcire gli allevatori danneggiati.
Misure urgenti sono auspicate dagli allevatori. Anche perché i danni, da quando il virus si è diffuso da Nord a Sud, non si contano: solo i blocchi all’export hanno fatto segnare dai 20 ai 30 milioni di euro di perdite al giorno, per un totale di mezzo miliardo. A peggiorare la situazione, anche il fatto che al momento non è disponibile un vaccino contro questo virus, molto contagioso per cinghiali e maiali, ma fortunatamente non per gli umani.
Gli allevatori, esasperati, chiedono indennizzi adeguati, il blocco degli oneri, il contenimento massiccio dei cinghiali, principali vettori della Psa, oltre allo stop temporaneo nelle zone rosse di caccia, raccolta funghi e trekking, per limitare al massimo la circolazione del virus.
“Non possiamo più attendere”, le parole di Mario Serpillo presidente dell’Uci. “Abbiamo bisogno di sinergia e lavoro di squadra, per evitare il disastro”. Il numero 1 di Via in Lucina chiede di investire nella ricerca scientifica, su questo ed altri virus, e che venga rinvigorita la capacità di monitorare le frontiere, ormai prede di agenti patogeni. “Ora è la volta della Psa, ma prima c’è stata la brucellosi, la mosca olearia, la xylella. L’agroalimentare deve fare i conti sempre più spesso con situazioni di disagio estremo. “Purtroppo è necessario isolare gli allevamenti infetti, abbattere la popolazione dei suini e compiere il ciclo di quarantena richiesto, prima di poter ripopolare. Secondo l’Uci bisogna agire in fretta, prima che il virus colpisca tutto il Paese”.