Ad urne chiuse possiamo abbozzare una prima analisi del voto. Ancora una volta il primo partito nel nostro Paese è quello degli astensionisti, che vola oltre il 50%. Strasburgo non tira, si direbbe. Il trend c’è già da qualche anno e non ha fatto sconti. Negli ultimi 10 anni non siamo mani andati oltre il 60% di affluenza alle urne. Un vulnus significativo, un primissimo spunto di riflessione; ed in effetti di temi europei in questa campagna elettorale quasi non si è parlato.
Vincitori e vinti
Tra i secondi annoveriamo senz’altro i liberali e riformisti “moderati”, che in Italia non eleggono nessun deputato. In generale, crollano un po’ ovunque. Nei Paesi più grandi le elezioni sono state viste come un sondaggio sui rispettivi Governi, basti pensare a Francia, Germania e Spagna. L’opposizione di destra ha vinto, per lo più per un regolamento di conti interno. Gli effetti non mancheranno ma li prevediamo soprattutto internamente, con Macron che è stato costretto a convocare subito le elezioni politiche nazionali.
Le destre europee sono divise; quella italiana confluirà nei conservatori, quelle transalpina sceglierà un altro gruppo. Difficile facciano fronte comune.
Ci aspettiamo una trattativa lunga e difficile ma che porterà ad una grande coalizione che partirà dal gruppo del Partito Popolare.
Cosa possiamo prevedere?
Difficile dirlo. Le politiche green che tanto sono state critiche saranno certamente riviste e probabilmente depotenziate. La linea di politica estera sarà quella più difficile da trovare, cin tante posizioni differenti su Ucraina, medio oriente, politiche economiche. Sullo sfondo c’è Trump ed il suo probabilissimo isolazionismo.
Ci sarà uno scontro sulle politiche migratorie? Probabile. Vedremo a quali politiche agricole porterà la nuova Commissione. La Pac deve essere riformata e sarà collegata a tanti temi soprattutto economici.