L’Italia è tra i Paesi più esposti in seguito al blocco del transito delle navi nel canale di Suez. Il 40% dell’intero interscambio marittimo passa dal canale di Suez e il settore agroalimentare risente più degli altri di questa situazione.
Soltanto per l’agroalimentare, il transito verso i mercati asiatici vale 4 miliardi di euro di prodotti. Il circumnavigare l’Africa per evitare il canale di Suez comporta problemi di conservazione dei prodotti freschi, ma anche di tipo economico, con costi raddoppiati delle merci, tensioni sui consumi e un generale rallentamento degli scambi. Un contrattempo davvero costoso.
Ma la crisi investe anche la frutta. Le esportazioni stagionali sono costituite principalmente da mele, kiwi e agrumi. La qualità delle nostre produzioni è ormai nota a tutti, ma la prolungata percorrenza verso i mercati finali dell’Asia non garantisce più le stesse caratteristiche di freschezza. Inoltre, nei Paesi importatori, la merce deve essere venduta a un prezzo inevitabilmente più alto per far fronte alle nuove rotte del trasporto marittimo intercontinentale.
E ciò avviene al culmine di un periodo già complicato in quanto la situazione acuisce le difficoltà che il comparto ortofrutticolo italiano sta attraversando per la minore produzione dovuta alla siccità e all’aumento dei costi di produzione. Anche per il vitivinicolo il blocco delle navi verso i mercati asiatici è un ulteriore colpo all’equilibrio economico delle aziende e all’export del settore.
La crisi geopolitica è estesa, mondiale. Per il momento la piccola Italia può fare ben poco. Ciò che è a portata di mano potrebbe essere il portare all’attenzione delle istituzioni europee un’ulteriore emergenza per il settore primario. Con il rischio che se aumenta l’inflazione, e quindi i prezzi al consumo, sarà inevitabile un ulteriore calo dei consumi agroalimentari, già in discesa rispetto allo scorso anno.