La montagna è «l’area in cui attualmente i cambiamenti climatici provocano più intense modificazioni ambientali, morfologiche, glaciologiche», quindi di fronte a queste nuove situazioni «l’andare in montagna, sia nelle aree “normali” sia nelle zone protette, richiede un cambiamento di mentalità, di filosofia di accesso». Bisogna «seguire i ritmi della natura attuale, che non sono più quelli di prima» e valutare con l’esperienza e la massima attenzione le nuove condizioni, per continuare a godersi le “terre alte” con la necessaria sicurezza. È il messaggio lanciato dall’alpinista Agostino Da Polenza e dal geologo Riccardo Scotti, nel dibattito Dal K2 alla Valtellina: nuovi climi, nuove montagne, che all’interno delle conversazioni di Sondrio Festival ha anticipato i temi in discussione nel convegno Camminare nuovi climi su nuove montagne, organizzato dal Comitato scientifico del festival in collaborazione con AAA-Museum Hub di Castel Masegra e con il Bim.
Un nuovo cammino
Che i cambiamenti del clima incidano in modo importante sull’ambiente alpino è dimostrato da dati e ricerche, ha sottolineato infatti il glaciologo: per dare un’idea complessiva al pubblico, è stato proiettato un video divulgativo realizzato per Sondrio Festival dal meteorologo e climatologo Andrea Giuliacci, riassumendo i trend di temperature e piovosità degli ultimi anni in Italia e a livello globale.
Fenomeno mondiale
Cambiamenti che toccano anche un’area straordinaria come il Karakorum, ha raccontato Da Polenza: grazie alle quote estremamente elevate, «i ghiacciai di questo territorio soffrono meno rispetto ad altre zone, ma anche lì alle quote inferiori si sciolgono e risalgono», ha sottolineato l’alpinista, ricordando anche come nel Karakorum il Pakistan abbia creato un vastissimo parco nazionale, «dedicando quei territori all’ambiente e alla ricerca scientifica, come sognava Ardito Desio».
Se nella regione del K2 ci sono segnali di cambiamento, nell’arco alpino la situazione è più marcata, visto il “gap” di quota, con un regresso dei ghiacciai che negli ultimi vent’anni si è fatto sempre più marcato. E qui «c’è un tema molto importante e urgente, sotto certi aspetti», ha sottolineato il geologo, cioè «la pericolosità intrinseca» di un ambiente montano che si sta trasformando.
«Cambiano tantissimo le condizioni, soprattutto in estate – ha spiegato -, fino a trent’anni fa si potevano fare escursioni sui ghiacciai in tutta sicurezza per l’intero periodo estivo, ora già dalla fine di luglio in molte zone le condizioni diventano molto pericolose. C’è ancora l’approccio classico in cui si programmano le gite con mesi di anticipo, il che non va molto bene perché avendo condizioni tanto variabili bisogna seguire i ritmi della natura attuale».