Spesso le risorse naturali e gli impatti ambientali che si celano dietro le filiere produttive dei prodotti che acquistiamo non sono noti, né riportati nelle etichette. Ma la realtà, come il WWF segnala in vista della Giornata mondiale dei diritti dei consumatori, che si celebra il 15 marzo, è che quello che possiamo trovare nei prodotti e nella loro storia è spesso sconcertante. Nonostante il gran parlare che si sta facendo sull'importanza di processi e filiere sostenibili, la produzione di alcuni cibi o oggetti che utilizziamo quotidianamente comporta ancora gravi ricadute ambientali, come l'estinzione di specie, il consumo e l'inquinamento di suolo e acqua, la deforestazione e il degrado di interi ecosistemi, fino a pesanti emissioni di CO2. Ad oggi, fortunatamente, esistono leggi che tutelano i consumatori e prevedono che un prodotto mancante delle informazioni previste dalle leggi attuali non possa finire sul banco degli acquisti, ma la sostenibilità non trova ancora il suo spazio in etichetta.
Per aiutare i consumatori a scegliere prodotti il più possibile sostenibili e a modificare la propria dieta, contribuendo a mitigare gli impatti della grave crisi ambientale e climatica che stiamo attraversando, abbiamo bisogno di etichette con informazioni chiare e strutturate sulle caratteristiche di sostenibilità (ma anche sul peso ambientale), un vero e proprio "environmental-score" dei prodotti. Oggi per chi fa la spesa invece è molto difficile distinguere la vera sostenibilità dalle operazioni di marketing. Una produzione migliore parte anche da un consumo migliore, critico e informato.
I cittadini sono una vera forza di mercato e hanno il potere di innescare incredibili processi di trasformazione, guidando la domanda di beni e spingendo le imprese dal lato della produzione ad adeguare l'offerta verso una maggiore sostenibilità ambientale, sociale e salutare. Per questo sarebbe importante avere la possibilità di scegliere prodotti etichettati con informazioni chiare, comparabili e trasparenti sull'impatto sulla biodiversità e sul clima e sull'impiego delle risorse naturali (come l'acqua sempre più scarsa e preziosa), sull'uso del suolo, sulle emissioni di sostanze chimiche tossiche e inquinanti, fino al benessere degli animali. Le etichette dovrebbero consentire di distinguere l'impatto ambientale di prodotti diversi (come 1 kg di fagioli vs 1 kg di carne bovina), ma anche degli stessi prodotti, realizzati con diversi metodi produttivi (es. 1 kg di fagioli da agricoltura convenzionale vs. 1 kg di fagioli da agricoltura biologica). Informazioni che dovranno essere basate su un metodo scientifico standardizzato, armonizzato e condiviso che analizzi l'impatto ambientale del prodotto lungo tutte le fasi del ciclo di vita, a partire dall'approvvigionamento delle materie prime sino alla gestione del fine vita, includendo le fasi di produzione, distribuzione, uso e smaltimento del packaging o di quel che resta del prodotto. Inoltre, dovrebbero essere regolamentate dall'Ue per poter garantire metodi oggettivi di valutazione.
Etichettature volontarie
"Sono sempre di più i prodotti dotati di etichettature volontarie venduti nei supermercati e ipermercati nazionali. Tante iniziative a livello nazionale e sperimentazioni internazionali che forniscono informazioni sulla performance ambientale complessiva o su uno o più aspetti ambientali specifici. Per il WWF servono però regole che garantiscano informazioni comprensibili, comparabili, di qualità e a prova di greenwashing: solo un'etichetta adeguata è garanzia del risultato ambientale desiderato." afferma Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del WWF Italia "Informazioni ambientali obbligatorie in etichetta, oltre ad aiutare i consumatori in scelte responsabili, avrebbero poi anche un altro effetto positivo: indurrebbero i produttori a modificare alcune filiere per evitare di avere valutazioni negative, favorendo la diffusione di un'economia sostenibile."
Da uno studio del 2019 su migliaia di consumatori di 11 Paesi europei, tra cui l'Italia, oltre la metà dei consumatori afferma che le preoccupazioni per la sostenibilità dei prodotti che scelgono hanno una certa influenza (42,6%) o molta influenza (16,6%) sulle loro abitudini alimentari. Il prezzo, la mancanza di informazioni e la difficoltà di individuare le opzioni alimentari sostenibili, nonché la loro limitata disponibilità, sono i principali ostacoli percepiti all'alimentazione sostenibile, ma la maggior parte dei consumatori (57%) desidera che le informazioni sulla sostenibilità siano obbligatorie sulle etichette degli alimenti. Tuttavia, l'idea di tassare gli alimenti meno sostenibili non è molto popolare tra i consumatori (solo 1 su 4 è d'accordo sul fatto che gli alimenti meno sostenibili debbano essere tassati di più).
Uno studio più recente evidenzia come le etichette ambientali siano in grado di promuovere la scelta, l'acquisto e il consumo di alimenti e bevande più sostenibili. L'opportunità di acquistare prodotti più ecologici aumenterebbe se un maggior numero di prodotti includesse queste informazioni, in modo da accrescere la motivazione a cambiare il proprio comportamento d'acquisto e poter confrontare comodamente i prodotti tra di loro.
Earth Hour 2023: la più grande ora per il pianeta torna il 25 marzo
Sabato 25 marzo alle 20.30 torna Earth Hour, l'Ora della Terra: l'evento globale del WWF che dal 2007 unisce le persone in tutto il mondo invitandole a spegnere le luci per un'ora col desiderio di mostrare, attraverso questo gesto simbolico, quanto forte possa essere l'impatto di un'azione condivisa per salvare il Pianeta. L'Ora della Terra non è solo un appuntamento internazionale, ma la richiesta di unire le forze per agire e avere "-CO2 e +Natura" nelle nostre vite. È proprio con questo messaggio che il WWF invita cittadini, comunità e aziende a spegnere le luci e regalarsi un'ora per la Terra, dedicando 60 minuti ad un'azione positiva per il futuro del nostro fragile Pianeta.
L'evento centrale italiano si svolgerà sabato 25 marzo a Roma, ore 20,30 al Colosseo, e nel momento dello spegnimento sarà presente un ospite speciale, che verrà svelato proprio in quella occasione.
Link a Earth Hour 2023 >>
Il valore dei nostri acquisti a colpo d'occhio
Il sistema alimentare contribuisce per circa il 37% alle emissioni di gas serra.Se immaginassimo un sistema di segnaletica rosso, giallo, verde per identificare la "sostenibilità climatica" dei cibi a scaffale, questo è quello che troveremmo in un supermercato.
Il reparto carne sarebbe "rosso", essendo la carne uno dei cibi a maggior produzione di gas serra. Tra le carni, quella bovina ha la maggiore intensità media di emissioni globali: 76 kg di CO2eq per chilo di carne, ma può arrivare anche a 360 kg di CO2eq per chilo, a seconda dei sistemi di produzione e delle aree geografiche in cui è prodotta. Queste emissioni avvengono lungo tutto il ciclo produttivo ma oltre l'80% deriva dalle fasi di allevamento, principalmente dall'alimentazione degli animali: 270 kg di CO2eq/kg di carne sono emessi dal pascolo, mangimi e alimentazione mista, mentre la digestione enterica degli animali emette 42 kg di CO2eq/kg di carne.
Sul reparto del pesce troveremmo principalmente il colore giallo, sia per la pesca sia per l'acquacoltura. Se per la pesca è abbastanza intuitivo pensare alle emissioni dovute alle imbarcazioni, alla catena del freddo (oltre alla distruzione dei fondali causati da alcune attività di pesca, grandi stoccatori di carbonio), per l'acquacoltura l'alto livello di emissioni di CO2è legato principalmente al mangime con cui vengono alimentati gli animali che spesso contengono ingredienti coltivati causando deforestazione e utilizzando molti pesticidi e fertilizzanti , ma anche al consumo di energia per la gestione delle vasche e il trasporto. Non solo: ad esempio 1 kg di gamberi allevati emette in media circa 13,5 kg di CO2eq, in gran parte a causa della distruzione di interi habitat di mangrovie e zone umide. Inoltre, quando il pesce o i crostacei vengono trasportati in aereo da notevoli distanze, questa fonte di emissioni pesa anche più della pesca, della coltura e dell'imballaggio.