Milano rende omaggio a Pompeo Marchesi (1783-1858), grande scultore dell'Ottocento, allievo di Canova, coetaneo e amico di Francesco Hayez e trait d'union nel passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo, nel vivace ambiente della Milano tra Impero napoleonico e Restaurazione. La mostra, a 240 anni dalla sua nascita, segue le celebrazioni per il bicentenario della morte di Antonio Canova e prende spunto dal prezioso modello in gesso di Ebe di quest'ultimo, alla Galleria d'Arte Moderna, per ricostruire la raccolta dello scultore, artista di fondamentale importanza per la storia del museo e delle collezioni artistiche del Comune di Milano. Tra i rarissimi modelli di Canova a non essere confluiti nella Gypsotheca di Possagno, Ebe giunse infatti nelle collezioni civiche proprio in seguito al lascito testamentario di Marchesi.
Il percorso espositivo ricostruisce la vita e l'opera dello scultore, formatosi all'Accademia di Brera sotto gli auspici di Giuseppe Bossi e poi a Roma, sotto la direzione di Canova. La figura di Marchesi è strettamente legata alla città di Milano, dove negli anni della Restaurazione l'artista ottenne un grandissimo successo partecipando ai più importanti cantieri cittadini, dall'Arco della Pace al Duomo, e alla vita artistica, in qualità di professore dell'Accademia di Brera. Conosciuto come il "Fidia meneghino", fu definito da Stendhal "le sculpteur à la mode de Milan" nel romanzo La Certosa di Parma, ebbe commissioni importanti da tutta Europa, da Vienna a Parigi a San Pietroburgo, testimonianza di una stagione di splendore della scultura lombarda, conosciuta e ricercata in tutto il mondo. Classicista e perfetta nella forma, la sua scultura è in equilibrio tra la ricerca di una bellezza ideale ed eterna, mutuata da Canova, e lo schiudersi di una più moderna sensibilità romantica, mentre i bozzetti mostrano un'inedita forza, modernissima e quasi anticlassica, che sembra tradurre il consiglio di Winckelmann di "ideare col fuoco ma eseguire con calma".
Il suo grandioso atelier, ricostruito dopo un incendio grazie a una sottoscrizione della cittadinanza e inaugurato dall'imperatore d'Austria Ferdinando I, era uno dei luoghi più alla moda della città, ricordato da Stendhal e Balzac, frequentato da teste coronate, artisti, scrittori, nobili e intellettuali, affrescato da Hayez e organizzato come un museo. Qui Marchesi radunò tutti i modelli in gesso e i bozzetti delle sue sculture, ma anche la ricca collezione di opere d'arte raccolte durante gli anni. Proprio da questo monumentale luogo nasce il suo lascito: alla sua morte lo scultore destinò infatti tutti materiali dello studio non ai musei d'arte esistenti (la Pinacoteca di Brera e la Biblioteca Ambrosiana) ma alla città di Milano, che all'epoca non disponeva di collezioni d'arte. Primo di una lunga serie di doni di artisti e collezionisti che si susseguiranno nei decenni successivi, il lascito di Marchesi si pone quindi alle origini delle collezioni artistiche civiche.
Il dono comprendeva le numerosissime opere dello scultore (modelli, bozzetti, disegni), ma anche tutto ciò che aveva collezionato in vita: sculture antiche, disegni, incisioni, dipinti, cartoni e libri, con particolare riferimento agli artisti a lui contemporanei, Andrea Appiani, Giuseppe Bossi, Francesco Hayez, Bertel Thorvaldsen e soprattutto Antonio Canova, di cui possedeva appunto il modello di Ebe, forse l'opera più preziosa della collezione. Esposte in origine unitariamente nella prima sede del Museo Artistico Municipale ai Giardini Pubblici, le opere della collezione Marchesi vennero poi suddivise tra i diversi istituti via via fondati, dal Museo Archeologico al Gabinetto dei Disegni del Castello alle biblioteche, che ancora oggi le conservano. Il numero maggiore di opere è custodito dalla Galleria d'Arte Moderna, inaugurata nel 1903 ma il cui nucleo fondativo può ben essere rintracciato nella collezione di Marchesi.
La mostra intende quindi ricostruire la complessità della raccolta e la sua importanza per la nascita delle collezioni artistiche cittadine, in cui risulta profondamente innervata, avvalendosi del contributo degli istituti civici: il Gabinetto dei Disegni, la Raccolta delle Stampe "Achille Bertarelli", la Biblioteca d'Arte, il Civico Archivio Fotografico, il Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco. Alle sculture di Marchesi della Galleria d'Arte Moderna viene così accostata per la prima volta una selezione di dipinti, disegni, incisioni e libri di diversi artisti a lui vicini. In questo modo è stato possibile valorizzare ulteriormente la ricchezza e la complessità delle collezioni civiche milanesi la cui preziosa e attiva collaborazione ha permesso nuove scoperte e attribuzioni.
L'esposizione è inoltre l'occasione per mostrare i risultati di un'ampia campagna di restauri su sculture, bozzetti e terrecotte di Marchesi – con particolare riferimento alle principali imprese cittadine. Le opere restaurate, tra cui Il Genio della caccia, la Maddalena, le terrecotte per l'Arco della Pace e i gessi per il monumento di Francesco I a Vienna, sono così accostate a disegni preparatori, schizzi e incisioni dell'artista e a opere inedite e mai esposte provenienti dai depositi della Galleria d'Arte Moderna. Emerge non solo il profilo di uno degli scultori canoviani più importanti, ma anche la sua complessità di collezionista.
La mostra "Neoclassico e Romantico. Pompeo Marchesi, scultore collezionista" si rivela l'occasione per riflettere sull'origine della Galleria d'Arte Moderna e per riannodare i fili della nascita delle collezioni municipali, ricostruendone la storia, le vicissitudini, gli spostamenti nelle diverse sedi e la creazione degli attuali musei civici di Milano. L'esposizione sarà accompagnata da un calendario di attività, conferenze e visite guidate e il catalogo è edito da Officina Libraria.