Mais transgenico sfortunato per Syngenta, colosso agrochimico svizzero, costretto a indennizzare oltre 7000 agricoltori del Missouri, per un ammontare di 217,7 milioni di dollari.
La sanzione, contro la quale Syngenta potrà ricorrere, è arrivata a ridosso del passaggio di proprietà della multinazionale il cui fatturato, lo scorso anno, è stato di 3,7 miliardi di dollari. Da pochi giorni il gruppo elvetico è passato a, ChemChina, gigante cinese. Il mais transgenico, venduto negli Stati Uniti dal 2011, frutto della semente "Agrisure Viptera", era commecializzabile negli USA ma non nella Repubblica Popolare, che ha revocato il bando solo dal 2014.
E qui sta il nucleo della sentenza, perché i produttori americani puntavano a lauti guadagni grazie alle esportazioni sul mercato cinese, e invece si sono ritrovati i granai pieni di merce invendibile. Da qui ne è derivato un danno quantificabile tra i 5 e i 7 miliardi di dollari; ecco da dove è nata la class action contro la multinazionale elvetica, che non si era premurata di accertare dove il suo mais transgenico fosse off-limits.
Adesso il problema sarà del nuovo proprietario, ChemChina, che per impossessarsi del 97% delle azioni della multinazionale spenderà 43 miliardi di dollari, cifra che non può spaventarsi per i poco più di 200 milioni di sanzione. Anche se sono pending azioni penali analoghe in altri 7 Stati.
Da rilevare che quella del mais transgenico non è il primo incidente che danneggia l'immagine di Syngenta. Nel 2015, insieme alla tedesca Bayer, venne accusata di aver distribuito pesticidi dannosi per la salute, bello Stato indiano del Punjab.
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