Una rete italiana aperta a imprese, istituzioni, università e associazioni di categoria per promuovere l’agrivoltaico sostenibile, che consente di produrre energia elettrica da fotovoltaico e, al tempo stesso, di coltivare i terreni. È l’iniziativa coordinata dall’ENEA.
L’obiettivo del network è di arrivare alla definizione di un quadro metodologico e normativo, di linee guida per la progettazione e valutazione degli impianti, di strumenti di supporto ai decisori e di contribuire alla diffusione di conoscenze e promuovere le eccellenze italiane nei settori delle nuove tecnologie per l’energia rinnovabile, dell’agricoltura e del paesaggio.
ENEA ha costituito un'apposita task force multidisciplinare nell’ambito di due dipartimenti – “Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili” e “Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali” – con la possibilità di utilizzare laboratori, infrastrutture e professionalità pluriennali nei settori delle tecnologie green e dell’agroindustria.
L’iniziativa si inserisce nel più ampio contesto della missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica” del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, che per lo sviluppo dell’agrivoltaico prevede investimenti per 1,1 miliardi di euro, una capacità produttiva di 2,43 GW, con benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas serra (circa 1,5 milioni di tonnellate di CO2) e dei costi di approvvigionamento energetico.
Inoltre, lo sviluppo dell’agrivoltaico potrebbe contribuire a superare alcune delle criticità che oggi ostacolano la crescita del fotovoltaico. “La specificità dei contesti urbani italiani e il limitato potenziale di integrazione del fotovoltaico negli edifici, ma anche le incertezze legate al cambiamento di uso del suolo e alla trasformazione del paesaggio bloccano le autorizzazioni”, le parole di Ezio Terzini, responsabile divisione ENEA di Fotovoltaico e Smart Devices. “I sistemi agrivoltaici possono quindi rappresentare una valida risposta e per incoraggiarne la diffusione è necessario sviluppare soluzioni tecnologiche innovative e criteri di progettazione e valutazione delle prestazioni degli impianti”, aggiunge conclude.
Secondo uno studio ENEA-Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, pubblicato sulla rivista scientifica Applied Energy, le prestazioni economiche e ambientali degli impianti agrivoltaici sono simili a quelli degli impianti fotovoltaici a terra, soprattutto se si utilizzano tensostrutture per limitare l’impiego di acciaio e cemento: il costo dell’energia elettrica prodotta risulta essere di circa 9 centesimi di euro per kWh, mentre le emissioni di gas serra ammontano a circa 20 g di CO2eq per megajoule di elettricità. “Ma i valori aggiunti sono rilevanti, in quanto alcune tipologie di installazioni agrivoltaiche (es. pannelli a 5 m di altezza, ricorso a tensostrutture) incidono in misura relativamente limitata sul consumo di suolo rispetto agli impianti a terra e, in specifiche condizioni ambientali (es. stress idrici), possono permettere di conseguire un aumento della resa di alcune colture in quanto l’ombra generata dagli impianti agrivoltaici, se ben calibrata, riduce la temperatura del suolo, e il fabbisogno idrico delle colture. In specifici contesti, l’agrivoltaico può contribuire ad aumentare la resilienza del settore agroalimentare rispetto agli impatti del cambiamento climatico e contribuire al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030”, dice Alessandro Agostini, ricercatore ENEA della Divisione Produzione, Storage e Utilizzo dell’Energia, e tra gli autori dello studio.
Secondo il World Energy Outlook 2020 dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), il fotovoltaico rappresenta la fonte di elettricità più economica e pertanto la sua diffusione risulta cruciale nell’ambito degli obiettivi energetici europei e del Piano Nazionale Energia e Clima, che al 2030 prevede un incremento della produzione elettrica da fotovoltaico da circa 24 TWh/anno a 73 TWh/anno e dell’ulteriore incremento previsto nell’ambito del Piano “Next Generation Italia”.
“Il sistema agroalimentare deve affrontare i temi della decarbonizzazione, della sostenibilità e della competitività e, in questo contesto, l’agrivoltaico può rappresentare una nuova opportunità per gli agricoltori tramite modelli win-win che esaltino le sinergie tra produzione agricola e generazione di energia”, il commento di Massimo Iannetta, responsabile della Divisone ENEA di Biotecnologie e Agroindustria. “Il settore, inoltre, può contribuire a rafforzare il tessuto produttivo agricolo attraverso l'approccio Nexus che guarda alla stretta interdipendenza tra produzione di cibo, energia e acqua, allargando la visione ad un altro fattore cruciale, il suolo, con le sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche che vanno salvaguardate”, aggiunge.
“L’agrivoltaico è un settore dalle caratteristiche uniche in grado di combinare energia, nuove tecnologie, agricoltura e conservazione del paesaggio anche a tutela delle comunità locali e delle loro attività, con benefici in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale”, sottolinea Alessandra Scognamiglio, ricercatrice ENEA del Laboratorio Dispositivi innovativi presso il Centro ricerche di Portici e coordinatrice della task force AgrivoltaicoSostenibile@ENEA. “Riteniamo che non esista un solo agrivoltaico, ma diverse soluzioni da declinare secondo le specifiche caratteristiche dei siti oggetto di intervento: la sfida è trasformare una questione tecnica in una questione di cultura complessa, con un approccio transdisciplinare supportato dai risultati della ricerca sulle migliori combinazioni colture/sistemi fotovoltaici”, aggiunge.
Occorre infatti valutare i potenziali impatti dell’agrivoltaico sotto diversi punti di vista, includendo i servizi ecosistemici associati ai sistemi agrari integrati con la produzione di energia e gli impatti ambientali e paesaggistici associati a tutto il ciclo di vita delle infrastrutture associate a questi impianti. Su questi temi è fondamentale il ruolo della ricerca scientifica a supporto delle decisioni politiche, rispetto allo sviluppo economico associato all’industria delle energie rinnovabili. “Il rischio è che una diffusione decontestualizzata di questi impianti porti di fatto a un cambio di destinazione d’uso di terreni agricoli, dal momento che la produzione di energia oggi permette redditi ben superiori alle coltivazioni, in quanto nella valutazione economica non vengono contabilizzati servizi ecosistemici, inclusi la qualità del paesaggio e del suolo, di cui la società beneficia senza che questi siano remunerati ai produttori”, dichiara Michele Perniola, presidente della Società Italiana di Agronomia.