L’accumulo di rifiuti di plastica negli ambienti marini sta diventando una questione cruciale; se la tossicità per gli organismi viventi che popolano il mare è stata esplorata in vari studi scientifici, esiste ancora un vuoto di conoscenze circa il ruolo che le plastiche svolgono nel plasmare le strutture della comunità batterica nel contesto marino e sulla loro possibile trasmissione all’uomo. Si inserisce in questo ambito lo studio ambientale condotto dai ricercatori della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Piacenza, che, insieme ai colleghi dell’Università di Sousse, hanno indagato la presenza di microplastiche e di batteri anche patogeni in campioni di acqua del mar Mediterraneo e in campioni di cozze.
Dai risultati della ricerca appena pubblicati sul “Journal of Hazardous Materials” (la rivista n. 8 per importanza nella classifica delle 265 riviste scientifiche nel settore delle scienze ambientali) è emerso, non solo che nelle vongole sono presenti significative quantità di microplastiche, ma anche che – questa è la novità – le microplastiche trasportano batteri patogeni, che ritroviamo anche nelle vongole: tali batteri hanno un effetto tossico sulle vongole, come indicato dalla loro risposta immunitaria.
«Il nostro obiettivo era in primo luogo profilare la struttura della comunità batterica in biofilm di particelle di plastica galleggianti in acqua di mare provenienti da quattro aree costiere tunisine, utilizzando tecniche di sequenziamento del DNA dei batteri», spiega il professor Edoardo Puglisi, docente di Microbiologia all’Università Cattolica, che insieme al professor Pier Sandro Cocconcelli, microbiologo della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali, ha condotto questo studio.
«Successivamente, le cozze (Mytilus galloprovincialis) sono state messe in contatto con le plastiche galleggianti per consentirci di ampliare le conoscenze sul potenziale ruolo svolto dalle particelle di plastica ambientale nel plasmare le strutture della comunità batterica e nell’indurre possibili effetti tossici sulle cozze».
«I nostri risultati hanno mostrato chiaramente una grande variabilità nella composizione delle comunità batteriche di plastica galleggiante e acqua di mare provenienti da diverse aree geografiche”, sottolinea il professor Edoardo Puglisi. “Questi primi risultati ci dicono che le cozze accumulano dentro sé non solo microplastiche, ma anche i batteri da esse trasportati, inclusi ad esempio alcuni patogeni appartenenti al gruppo dei vibrioni. La rilevanza del nostro studio in termini di valutazione del rischio alimentare per l’uomo dovrà essere oggetto di future investigazioni».