Greenpeace, con la barca Bamboo della Fondazione Exodus, impegnata nella spedizione “Difendiamo il mare”, è alfine giunta nell’Area marina protetta di Portofino, una delle aree più belle e ricche di biodiversità dei nostri mari. Eppure anche qui sono evidenti gli impatti dei cambiamenti climatici.
Proprio in questi giorni i sub di Greenpeace hanno svolto delle immersioni di monitoraggio sulla flora e fauna marina costiera con i ricercatori del DiSTAV dell’Università di Genova e gli esperti dell’Area Marina Protetta per il Progetto “Mare Caldo” osservando effetti simili a quelli provocati dal riscaldamento del mare all’isola d’Elba: se da un lato i fondali sono ricchi di pesce e pareti di corallo rosso, dall’altro le bellissime foreste di gorgonie rosse e gialle mostrano i danni di precedenti ondate di calore e sono ricoperte da mucillagine, presente fino a oltre trenta metri, sempre più frequenti specie tipiche di acque più calde (come i barracuda e la donzella pavonina).
L’AMP di Portofino dal 2015 ha posizionato dei termometri in mare, che hanno registrato negli ultimi anni un aumento delle temperature con un picco di ben 21 gradi centigradi a 40 metri di profondità a fine ottobre 2018 (contro i 18 normalmente registrati), evento estremo che ha causato estese morie degli organismi più sensibili come le gorgonie, con la scomparsa della nacchera di mare (Pinna nobilis) sterminata da un protozoo favorito proprio dalle alte temperature marine. Quest’anno già a metà giugno i sensori hanno rilevato picchi di temperatura di ben 20 gradi centigradi fino a 35 metri di profondità.
“La nostra è l’Area marina protetta più a nord dei mari Italiani, il fatto che anche qui le temperature aumentano fa temere per il futuro della biodiversità marina. Il lavoro di monitoraggio fatto fino ad oggi evidenzia come gli impatti del cambiamento climatico vadano ad aggravare quelli delle altre attività umane nell’area. Per questo abbiamo deciso di lavorare con Greenpeace in modo che dal confronto dei nostri dati con quelli di altre aree si possa non solo capire meglio cosa sta succedendo ma anche sviluppare adeguati strumenti di gestione e tutela” dichiara Giorgio Fanciulli, direttore dell’AMP di Portofino.
Il Progetto “Mare caldo” di Greenpeace, iniziato con una stazione pilota all’Isola d’Elba per il monitoraggio delle temperature marine, cresce: oltre all’AMP di Portofino, anche quella di Capo Carbonara – Villasimius in Sardegna e quella del Plemmirio in Sicilia, hanno aderito al progetto, e installeranno a breve dei termometri in mare. Il progetto condividerà i propri dati con quelli della rete mediterranea T-Med NET, di cui l’AMP di Portofino fa già parte partecipando anche al progetto MPA Engage per sensibilizzare e formare sull’impatto dei cambiamenti climatici i principali attori coinvolti nella gestione del territorio.
“Quanto stiamo osservando durante la nostra spedizione è che dall’inquinamento da plastica all’impatto dei cambiamenti climatici, il mare sta soffrendo a causa dell’impatto dell’uomo, non vi è più tempo da perdere se vogliamo salvare le creature che lo abitano. Dobbiamo da un lato tagliare le emissioni dei gas serra e dall’altro sviluppare la rete di aree protette in linea con l’impegno dell’Italia di proteggere entro il 2030 il 30 per cento dei propri mari. Se il mare viene tutelato, la biodiversità è in grado di affrontare meglio i cambiamenti in atto” conclude Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace.