Estate terribile per la frutta; si parla di un calo che può arrivare anche al 90%, dei volumi di pesche, nettarine e albicocche, con crolli che in alcuni casi arrivano al 90% a causa soprattutto del maltempo, a partire dalle gelate della scorsa primavera, con danni per centinaia di milioni. La zona più colpita è la Romagna, culla da sempre delle squisitezze estive.
Qual è il motivo di una storica debacle? L’autorevole Informatore Agrario lancia un’analisi tecnica particolareggiata, in cui il Covid, a sorpresa, non c’entra. C’entrano invece problemi di vecchia data, la cimice asiatica, le calamità naturali (gelate, grandinate, trombe d’aria che ci sono state da marzo in poi), fitopatie vecchie e nuove, quindi quello che, genericamente, va sotto il nome di cambiamento climatico.
Poi ci sono i danni da burocrazia asfissiante, sempre denunciati e mai risolti. Infine, sullo sfondo, i mali endemici del settore: la frammentazione aziendale e la disunità/competizione fra le 3-4-5 organizzazioni professionali che associano le imprese. Se è vero che burocrazia e disunità non sono risolvibili a breve (e forse neppure e lungo termine), le conseguenze dei danni da maltempo-cimice-fitopatie sarebbero risolvibili aggiornando e rilanciando gli strumenti nazionali (Fondo di solidarietà) e regionali, e cercando a Bruxelles i fondi e misure efficaci.
Ovviamente non soffrono solo i produttori, ma tutto il comparto a monte e a valle della frutta: dai vivai, alla manodopera, alla logistica, ai magazzini di selezione/confezionamento, alle macchine-tecnologie-imballaggi dove l’Emilia Romagna conta imprese leader a livello europeo.