Finalmente buone notizie per i produttori di riso italiani. Le quotazioni nell’arco di un anno sono sostanziosamente aumentate: più 70% per l’Arborio (che arriva così a 520 euro a tonnellata), mentre per Selenio l’incremento è stato del 75% con 490 euro a tonnellata. Variazioni positive, ancorché minori, anche per Roma +54%, Sant’Andrea +49%, Carnaroli +55%.
Cosa ha determinato questo trend positivo così lungo? Una prima sigla agricola ha contestato il peso della clausola di salvaguardia sulle importazioni dai Paesi del Sud-Est asiatico, sostenendo che l’incremento delle quotazioni di riso dipende dalla legge che obbliga da un anno a indicare in etichetta l’origine del riso. La tesi è stata contestata da una società specializzata nella compravendita dei risoni, secondo la quale l’aumento dei prezzi ha origine dalla scarsa resa alla lavorazione di alcune tipologie di risi autoctoni.
Nel dibattito si è quindi inserita una seconda organizzazione di rappresentanza del mondo agricolo, con la tesi che l’aumento di prezzo di diverse tipologie di riso autoctono ha origine negli squilibri del mercato. L’Organizzazione ritiene anche che l’etichettatura generica abbia avuto un impatto poco rilevante sul mercato nazionale e che, invece, sia necessario puntare sulle certificazioni dop e igp.