Ogni anno mandiamo sprecate ben 1,3 miliardi di tonnellate di cibo all’anno (1/3 della produzione mondiale). Entro il 2030 si arriverà a 2,1 miliardi di tonnellate (+61,5% rispetto a oggi), con ulteriori danni a livello sociale, economico e ambientale. Quando parliamo di spreco alimentare parliamo sia di cibo perso (Food Loss) che sprecato (Food Waste). Qual è la differenza? Il primo si ferma nelle prime fasi della filiera produttiva, prima di essere venduto. In Italia vale il 2% del cibo prodotto. Lo spreco avviene a livello domestico, nei ristoranti e nei negozi. In Italia si sprecano 65 Kg di cibo/anno pro capite, non poco.
L’istantanea è della Fondazione Barilla Center for Food e Nutrition, e giunge a proposito poiché oggi si celebra la Giornata Nazionale contro lo Spreco Alimentare, occasione che mostra un fenomeno drammatico e che ci allontana dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 dell’ONU.
“Il 30% dei cereali prodotti, il 35% del pesce pescato, il 45% di frutta e verdura coltivata, il 20% dei prodotti lattiero-caseari e il 20% della carne vengono gettati ogni anno. Un danno per il Pianeta, che ci fornisce le sue risorse, un danno economico – per aziende e famiglie – e sociale, visto che con 1/4 di quel cibo potremmo sfamare i circa 821 milioni di persone nel mondo che non hanno possibilità di mangiare. Questo dimostra l’urgenza di dar vita a una rivoluzione alimentare, che passi però da azioni concrete e da una adeguata educazione che ci aiuti a prevenire questo fenomeno”, spiega Anna Ruggerini, Direttore Operativo della Fondazione Barilla.
A livello globale, l’Italia si distingue nella lotta alle perdite alimentari visto che sprechiamo il 2% del cibo prima di venderlo, come la maggior parte dei paesi in EU (14 su 28 paesi membri), mentre la lotta allo spreco va meglio che in passato. Anche grazie alla legge Gadda (n. 166 del 2016) si è riusciti a limitare gli sprechi, promuovendo la redistribuzione delle eccedenze e dei beni inutilizzati per fini di solidarietà sociale, con un aumento delle donazioni del +21% nel primo anno di vita della legge (con differenze tra le zone d’Italia dove il terzo settore e le aziende erano più sensibili).