Il caldo fa male al miele “made in Italy”, producendo un calo stimato del 50% rispetto alla media degli ultimi anni, per l’effetto del clima pazzo che ha stressato le api e compromesso le fioriture. Si tratta di un crollo a macchia di leopardo della raccolta, dalla Sicilia all’Abruzzo, dalla Liguria alle Marche con punte anche dell’80% in meno rispetto alla media per alcune tipologie, secondo il monitoraggio di un’organizzazione agricola.
Gli effetti del clima aggravano il già pesante deficit registrato nel 2017, quando la produzione di miele è stata di 10 milioni di chili, uno dei peggiori risultati della storia dell’apicoltura moderna. Quest’anno il caldo record alternato a violente tempeste d’acqua, grandine e vento dopo una primavera fredda e piovosa, sta condizionando il lavoro delle api sia nella gestione degli alveari sia nella raccolta del nettare.
Una situazione che spiana la strada alle importazioni da altri Paesi che già nel primo quadrimestre del 2018 hanno fatto segnare un vero e proprio boom del +32% per un totale di oltre 9,4 milioni di chili, in particolare dall’Ungheria (+64%), dalla Romania (+46%), dalla Polonia (+34%) e dalla Cina (+19).
L’Italia può contare anche su 3 mieli a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione europea: il miele della Lunigiana Dop, il miele delle Dolomiti Bellunesi Dop e il miele Varesino Dop. In Italia esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino.