Negli ultimi tre anni le emissioni di anidride carbonica a livello globale, per la prima volta da decenni, non sono aumentate. Non un risultato incredibilmente positivo ma questa stabilizzazione sembrava proprio il primo passo verso l’avvio di una nuova era sostenibile. Purtroppo, non è così: a quanto pare il 2017, infatti, sarà ricordato come l’anno in cui le emissioni di anidride carbonica sono tornate a crescere.
A mettere fine all’illusione di un miglioramento generale è stato uno studio del Global Carbon Project, pubblicato su tre riviste scientifiche e ripreso dal New York Times.
Una nota per la Cop 23
La pubblicazione dello studio non è casuale, in quanto il brusco risveglio è stato fissato proprio in corrispondenza della Cop 23 di Bonn, durante la quale i paesi firmatari degli Accordi di Parigi si sono radunati per capire come rafforzare i propri sforzi congiunti per rallentare il cambiamento climatico e mantenere l’aumento delle temperature sotto i due gradi centigradi. Se l’andamento degli impegni presi a Parigi nel 2015 dovesse essere valutato guardando alle emissioni di anidride carbonica del nostro Pianeta i termini non sarebbero lusinghieri. Del resto le associazioni ambientaliste, già all’indomani della Cop 21, avevano bollato come insufficienti le misure prese nella capitale francese.
Ma come è possibile che le emissioni di anidride carbonica stiano tornando a salire, con il progressivo aumento delle rinnovabili? Negli ultimi tre anni molti Paesi hanno effettivamente ridotto le proprie emissioni: parliamo di molti Paesi UE, e anche degli USA. D’altra parte, però, molti Pvs stanno facendo esattamente il contrario. Guardando al passato, per tutto il secolo scorso, le emissioni sono aumentate ad un tasso di circa 2 punti percentuali ogni anno. Dapprima ci ha pensato soprattutto l’Occidente, poi Paesi come l’India e la Cina, con la loro rapida industrializzazione e con l’aumento esponenziale delle autovetture, hanno fatto il resto. Questo continuo aumento delle emissioni ad un certo punto si è però fermato. Tra il 2014 e il 2016 quella linea che saliva sempre più in alto si è di colpo appianata. Guardando a quei grafici incoraggianti, negli ultimi mesi si era iniziato a pensare che la diffusione delle energie rinnovabili stesse già portando risultati su larga scala per quanto riguarda le emissioni di anidride carbonica.
Le emissioni di India e Cina
Partiamo dalla Cina. Questo Paese, nonostante gli enormi investimenti nelle rinnovabili, è pur sempre il produttore di ¼ delle emissioni di gas serra a livello mondiale. Certo, negli ultimi anni il governo cinese si è fatto ambasciatore della sostenibilità ambientale, ed effettivamente nel 2016 le emissioni di anidride carbonica del Paese sono scese. Quest’anno, però, ci si aspetta un aumento del 3,5%, dovuto agli investimenti nei fossili dei governi locali e alla carenza di precipitazioni, fattore che ha messo in crisi parte del sistema idroelettrico cinese. Per quanto riguarda l’India, in realtà i livelli di emissioni di anidride carbonica non sono mai diminuiti. Al massimo il loro incedere sta rallentando: quest’anno ci si prospetta un aumento del 2%, rispetto al 6% degli anni scorsi.
Scarsi risultati dell’Occidente
Gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e la Svezia stanno spingendo verso una transizione dell’industria energetica, facendo un po’ di spazio alle rinnovabili e – questo non va dimenticato – lasciando le inquinanti attività di manufacturing a Paesi terzi, come per l’appunto la Cina. Ma nonostante questo, la diminuzione delle emissioni di anidride carbonica non è ancora concreta: quest’anno si stima che gli Usa vedranno un declino risicato del 0,4%, niente di più. Non farà meglio l’Unione Europea che, se gli altri anni aveva tagliato fino al 2,2% di emissioni, quest’anno si accontenterà di un magro 0,2%. E con questi ritmi non si può certo pretendere di fermare il cambiamento climatico.
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