Esiste una ricchezza economica e produttiva, quella misurata dagli indicatori statistici. Così come una ricchezza dei territori, costruita sui patrimoni dell’enogastronomia e dell’arte, sull’agricoltura, l’allevamento e la pastorizia. Ma esiste anche, oltre a queste, una ricchezza immateriale, concretissima e tuttavia non sempre visibile: quella che deriva dalla cura e dalla buona gestione delle aree interne, dalla loro biodiversità, dal corretto uso delle risorse naturali che costituiscono la riserva indispensabile alla qualità della vita dell’intero Paese.
In chiusura della terza edizione degli Stati Generali delle Comunità dell’Appennino, il presidente di Slow Food Italia Gaetano Pascale sintetizza tutto ciò in un’espressione: «Gli Appennini non sono solo un luogo dove si produce ricchezza materiale, ma dove si produce benessere: la qualità dell’acqua e dell’aria delle città dipendono da questa fabbrica di benessere».
L’occasione per ribadirlo è l’appuntamento che in questi tre giorni ha radunato in Lazio (nei comuni di Segni, Fossanova-Priverno, Cori e Carpineto Romano) un centinaio di delegati provenienti dalle varie regioni della “spina dorsale della penisola”, grazie al contributo e alla collaborazione della Compagnia dei Lepini.
Fin dal 2011 l’associazione della Chiocciola riunisce in questo evento biennale agricoltori, allevatori e pastori, produttori agroalimentari, amministratori, esperti universitari ed esponenti delle comunità.
La conclusione dei lavori della terza edizione è stata anche l’occasione per la firma di unprotocollo d’intesa fra Slow Food Italia e i sindaci delle amministrazioni locali, nonché per un appello che Pascale ha lanciato a nome di tutta l’associazione: «Di recente è arrivata una legge sui piccoli borghi, positiva ancorché dotata di ben poche risorse finanziarie, ma continua a mancare quella legge sul consumo di suolo che in Italia viene chiesta a gran voce da anni. Ci auguriamo che lo scorcio di legislatura che rimane consenta di portare a compimento il disegno fermo in Parlamento, perché la risorsa suolo è ormai troppo a rischio». La problematica incide infatti sull’intero sistema agricolo, anche nelle aree interne. E va a sommarsi alle tante difficoltà già presenti: «Da più parti – sostiene il presidente di Slow Food Italia – si parla dell’importanza delle aree interne, ma si finisce col constatare che questo argomento non diventa quasi mai prioritario: perché le priorità vengono stabilite sulla scorta di indicatori inadeguati e parziali, come il numero di abitanti nel caso dei servizi scolastici, ospedalieri e amministrativi».
Oltre che dall’abbandono dei servizi e dei presidi amministrativi sul territorio, la desertificazione produttiva delle aree di montagna dipende secondo Pascale da due variabili: il fatto che le materie prime di queste realtà agroalimentari diventino materie prime dell’industria, e la pressione concorrenziale “sleale” che la pianura esercita sulla montagna appiattendo ogni differenza sui prezzi. Nel primo caso «il salto di qualità passa per il recupero della dimensione produttiva: agricoltori, casari e allevatori devono tornare il più possibile a vendere ciò che realizzano col loro lavoro». Quanto al resto, si tratta di definire che tipo di competitività si intende promuovere: «Oggi ci sembra banale considerare una produzione vinicola in un territorio montano diversa da una di pianura. Ma non è così per altri prodotti che rimangono indifferenziati, per esempio il latte». In un sistema fondato solo sulla competizione di prezzo, conclude Pascale «quelle produzioni continueranno a perdere. Ma insieme ad esse perderemo il meglio dell’agroalimentare italiano».
Sulla stessa linea si colloca l’intervento del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti durante l’assemblea plenaria degli Stati Generali: «C’è una ricchezza figlia dell’Italia dei mille comuni, dell’approccio al consumo legato alla terra e alla storia. L’assemblea di oggi tocca un tema centrale, perché i processi di metropolizzazione stanno svuotando e spopolando questa immensa ricchezza delle aree interne e dei borghi».
«Occorre respingere – continua Zingaretti – l’illusione che solo andando verso la metropoli vi siano più opportunità: passiamo dalla fase della resistenza a quella del rilancio di questi territori, e non per fare un favore a chi ci vive, ma perché il rilancio delle aree interne serve all’Italia. La battaglia che gli Stati Generali delle Comunità dell’Appennino conducono è dunque una battaglia per il futuro che si integra dentro un intero modello di sviluppo».
L’assessore all’Agricoltura della Regione Lazio, Carlo Hausmann, ricorda l’emergenza idrica vissuta dalla città di Roma l’estate scorsa come un chiaro esempio del rapporto di reciproca dipendenza che lega aree metropolitane e aree interne. Contro ogni retorica della “marginalità”, Hausmann sottolinea inoltre come proprio nelle zone montane si concentri il 60% delle imprese turistiche, il 45% delle quali è a gestione femminile. Questa accoglienza a dimensione umana è per l’assessore laziale uno dei punti di forza su cui possono contare i territori, al pari dei Presìdi di Slow Food che Hausmann definisce un’esperienza collettiva piccola ma molto forte di tutela dei prodotti tipici in un’Italia che sulle politiche di marchio è prolifica ma spesso poco incisiva (sono ben 2.500 i marchi pubblici registrati solo nel settore agroalimentare).
Criticità e insufficienze, ma anche opportunità da sfruttare e possibili soluzioni, sono emerse nei tre tavoli tematici degli Stati Generali delle Comunità dell’Appennino: si è parlato di gestione forestale e della filiera dei grani antichi così come degli strumenti a disposizione del turismo sostenibile e delle attività commerciali o delle tecnologie di piccola scala che possono aiutare i produttori e abbattere il digital divide.
Dal palco dell’assemblea plenaria sono stati presentati inoltre i dati del rapporto sulla pastorizia messo a punto da Slow Food Italia. Come per il precedente studio sullo spopolamento dei comuni appenninici, realizzato in collaborazione con Ispra e l’Università del Molise, si tratta della prima volta che questi dati vengono raccolti e messi a disposizione in forma aggregata.