Siccità estrema e cambiamenti climatici minacciano anche la produzione di caffè. Lo affermano gli scienziati di Kew Gardens, complesso di serre e giardini di lusso a circa 10 chilometri da Londra. Senza un intervento immediato, sostengono gli esperti, nei prossimi anni avremo molto meno caffè, avrà un gusto decisamente peggiore e costerà di più. Uno scenario catastrofico se si pensa che da tre anni il consumo di caffè globale supera la produzione (il gap è stato colmato dalle scorte accumulate negli anni precedenti). Secondo l’Organizzazione internazionale del caffè (Ico), nel 1980 venivano macinati 4,9 miliardi di chilogrammi di chicchi, ed oggi il numero è raddoppiato (9,5 miliardi).
I principali rischi sono soprattutto per i Paesi esportatori, soprattutto Etiopia e Brasile, dove le conseguenze del riscaldamento globale hanno già iniziato a intaccare le coltivazioni. Nel Corno d’Africa, il famoso chicco garantisce sostentamento a 15 milioni di persone, il 16 per cento della popolazione. Nel caso in cui la temperatura del Pianeta dovesse salire di 4° C, spiega il rapporto di Kew Gardens, entro fine secolo i terreni adatti alla coltivazione di caffè Arabica diminuirebbero del 60 per cento.
In Brasile, primo produttore di caffè al mondo, la situazione non è migliore. Negli ultimi anni le precipitazioni sono state sotto la media e le colture sono in sofferenza. All’inizio dell’anno il governo ha persino annunciato un piano per importare caffè dall’estero. Secondo gli scienziati, un aumento della temperatura globale di 3° C farebbe scendere le aree adatte alla coltivazione di caffè nel Paese dal 70-75 per cento al 20-25 per cento. Inutile dire che ciò avrebbe una ricaduta catastrofica su tutta l’economia del Paese, con rischio di rivolte e sommosse popolari.
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