L’avvio del dialogo con la Russia (è così da intendere la visita diplomatica al rango presidenziale, il più alto; oggi il presidente Mattarella è stato a colloquio con il presidente Putin) deve creare le premesse per chiudere una guerra commerciale che ha provocato una perdita complessiva stimata ormai in oltre 10 miliardi per il made in Italy in termini di esportazioni. Lo chiede l’agroalimentare nostrano dopo 2 anni e otto mesi di embargo totale deciso nei confronti di importanti prodotti agroalimentari, in risposta alle sanzioni statunitensi ed europee.
L’agroalimentare è l’unico settore ad essere colpito direttamente da un embargo totale sancito dalla Russia con decreto n. 778 del 7 agosto 2014, decreto che ha chiuso completamente le frontiere del paese di Putin ad una lista di prodotti, frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia con successiva proroghe. Un blocco che è costato parecchio al nostro paese, in quanto al divieto di accesso a questi prodotti si sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato le esportazioni anche negli altri settori, dalla moda fino alle auto, in cui era tradizionalmente forte la presenza italiana. Nel 2016 le esportazioni italiane totali in Russia sono diminuite di un ulteriore 5,3% scendendo al minimo storico da almeno un decennio.
Lo stop alle importazioni di frutta, verdura, salumi e formaggi dall’Italia ha provocato peraltro in Russia un vero boom nella produzione locale di prodotti Made in Italy taroccati, dal salame Italia alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola Unagrande.
Alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni, si sommano quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy. Esiste un rischio anche per la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali. In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu mentre in altri sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu.