La novità in quest’ultima edizione consiste in un nuovo capitolo dedicato sulla «produzione nazionale di materie prime seconde derivanti dallo svolgimento di attività di recupero dei rifiuti», focalizzando l’indagine «sui materiali secondari di carta, vetro, plastica, legno e organico» presenti «sia nel flusso dei rifiuti urbani che in quello degli speciali». Come si dettaglia nel rapporto si rileva «una produzione complessiva di materiali secondari di carta, vetro, plastica, legno e organico pari a 10,6 milioni di tonnellate nel 2014, che risulta, sulla base di un campione dei dati trasmessi nel 2016, in crescita del 2% nel 2015». Si tratta di tonnellate di materiali concretamente in uscita da cartiere, vetrerie, fonderie e tutti gli altri impianti industriali presenti nel Paese che costituiscono un elemento indispensabile nel processo di riciclo.
Come da tutti i processi industriali, anche dal riciclo esitano poi ulteriori rifiuti cui è necessario trovare adeguata collocazione: «Gli scarti in uscita dai processi di riciclo – si ricorda nel rapporto – sono quantificabili in 2,5 milioni di tonnellate nel 2014 per i cinque materiali analizzati». Ovvero, quasi un quarto rispetto alle 10,6 milioni di tonnellate di materie prime seconde ottenute.
Che fine fanno? «Per la maggior parte – si argomenta nel rapporto – tali scarti vengono sottoposti ad altre operazioni di recupero, in misura differente a seconda del materiale considerato. Le percentuali più alte di avvio a recupero di materia, in particolare, sono relative agli scarti della produzione dei materiali di legno e vetro, che si aggirano intorno all’80%. Circa il 9% degli scarti complessivi, con una percentuale più alta per la sola plastica, viene avviato a ulteriori operazioni di trattamento o stoccaggio, non consentendo quindi l’individuazione diretta di un trattamento finale dei residui a valle del processo di riciclo. Il recupero di energia e l’incenerimento superano la quota del 10% solo per gli scarti di legno e carta, mentre per gli altri materiali rappresentano un’alternativa decisamente meno rilevante. In media l’11% degli scarti dei cinque materiali considerati viene conferito in discarica, una percentuale non irrilevante, e sicuramente migliorabile, ma spiegabile in termini gestionali».