Prepariamoci a un autunno senza castagne, a causa di un vero e proprio crollo del raccolto soprattutto in Campania, la prima regione produttrice, dove si prevede un taglio fino al 90%. Ma cali sono segnalati in tutto il meridione mentre una leggera ripresa dei raccolti si stima al nord, però con alcune zone critiche a causa della siccità.
Il crollo arriva dopo la leggera ripresa dello scorso anno rispetto al 2014, punto più basso addirittura dall’Unità di Italia, per effetto degli attacchi del cinipide, il parassita cinese che fa seccare gli alberi ed ha provocato nei boschi italiani una vera strage. Mentre al nord la lotta al cinipide sta producendo risultati soddisfacenti, al centro-sud all’andamento climatico non ottimale si è aggiunta la recrudescenza dei danni del cinipide, arrivato in queste aree più recentemente e non ancora debellato.
L’attività di lotta al cinipide attraverso i lanci del suo nemico naturale, il parassitoide Torymus sinensis, ha dato esito positivo nei castagneti del nord, dove il cinipide è presente da anni e più precocemente è partita la lotta, mentre al centro ed al sud il cinipide è comparso successivamente e l’azione di contrasto al parassita è ancora in pieno svolgimento. Il raccolto di castagne Made in Italy sarà inferiore ai 20 milioni di chili dello scorso anno, ben al di sotto delle medie storiche, basti pensare che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era il triplo rispetto a quella attuale. Da ricordare anche che il castagno riveste un ruolo importante in molte aree collinari e montane del nostro Paese anche per il presidio del territorio e per la salvaguardia dell’assetto ambientale e idrogeologico.
Con la frenata della produzione nel centro-sud, resta il rischio di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere. Nel corso del 2015, nonostante la parziale ripresa della produzione nazionale, l’Italia ha importato oltre 32 milioni di chilogrammi di castagne (ne importavamo 6 milioni di chilogrammi nel 2010), spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori.