Oltre 62mila tonnellate di oli vegetali esausti raccolti nel 2015, in aumento del 44% rispetto al 2010, l’85% dei quali avviato a rigenerazione per la produzione di biodiesel. Sono alcuni dei dati che emergono dal primo bilancio degli impatti ambientali ed economici del Conoe, il Consorzio nazionale che si occupa della raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti, curato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presentato a Roma.
Operativo dal 2001, in questi anni il Conoe ha progressivamente incrementato la propria raccolta – che avviene prevalentemente nel settore della ristorazione – passando dalle 15mila tonnellate del 2002 alle oltre 62mila dello scorso anno. L’85% degli oli vegetali esausti recuperati dal Consorzio viene avviato a rigenerazione per la produzione di biodiesel, combustibile vegetale atossico e biodegradabile che può essere utilizzato come carburante per autotrazione in sostituzione o miscelazione di carburanti di origine fossile, riducendo il contributo di emissioni di CO2 nel settore dei trasporti.
Nel 2015, grazie alle 53mila tonnellate di oli vegetali esausti rigenerate, sono state prodotte 49 tonnellate di biodiesel Conoe, consentendo un risparmio sulla bolletta energetica del Paese di 17 milioni di euro. I bilanci di Carbon footprint e Water footprint per i quantitativi di oli avviati a produzione di biodiesel, comportano un beneficio ambientale netto per il Paese pari a 152mila tonnellate di CO2 evitate e a 63mila metri cubi di acqua risparmiati. Il restante 15% dell’olio vegetale raccolto in Italia viene invece recuperato in molteplici processi e applicazioni: come sorgente di energia rinnovabile in impianti di co-generazione, come bio-lubrificanti, come prodotti per la cosmesi, saponi industriali, inchiostri e cere.
Questa forma di recupero promuove la crescita dell’economia circolare e scongiura impatti dannosi sull’ambiente e sulla salute. Basta infatti un chilo di olio vegetale esausto a inquinare una superficie d’acqua di 1.000 metri quadrati, perché impedisce l’ossigenazione compromettendo l’esistenza della flora e della fauna sottostanti; se invece smaltiti nella rete fognaria, come spesso avviene nell’utilizzo domestico, gli oli vegetali esausti pregiudicano il buon funzionamento della rete stessa intasando condutture e depuratori: la depurazione delle acque inquinate da questo rifiuto richiede costi quantificabili in 1,10 euro al chilogrammo.
Negli ultimi cinque anni, inoltre, il valore economico mediamente generato dalla filiera è stato sempre superiore ai 30 milioni di euro ogni anno, con importanti ricadute positive in termini economici e occupazionali.