L’Italia è il primo esportatore mondiale di produzioni biologiche. Nei prodotti coltivati in maniera naturale il nostro Paese investe quasi l’11% della propria Sau (Superficie agricola utile), poco meno del triplo rispetto alla Francia (4,1%) e quasi il doppio rispetto alla Germania (6,3%), due Paesi che però ci precedono ampiamente come consumo di prodotti bio.
Le aziende biologiche italiane si sono dimostrate capaci, in particolare, di valorizzare la multifunzionalità sfruttando al meglio le risorse paesaggistiche ed ambientali dei territori.
Lo dimostrano le iniziative agrituristiche, ricreative e didattiche anche a sostegno della trasformazione in proprio e della vendita diretta, o comunque di filiera corta (e-commerce, ristoranti, commercianti al dettaglio), del prodotto. E sono queste le soluzioni imprenditoriali consentono di realizzare quel valore aggiunto per il quale l’agricoltura italiana detiene il primato in Europa.
Per quanto riguarda il consumo di biologico nel nostro Paese, Ismea ha stimato un giro d’affari al dettaglio superiore ai 2,1 miliardi di euro senza considerare ristorazione, bar, mense e in generale il food service. I comparti più dinamici si rivelano i derivati dei cereali (+28%) e gli ortaggi freschi e trasformati (rispettivamente +14% e +21,8%).
I consumatori sono sempre più interessati ai prodotti di agricoltura biologica, ma alcune recenti ricerche hanno rilevato come si stiano orientando su un prodotto sostenibile, non solo bio.
Quali sono le regioni leader nella produzione bio? Vale circa il 20% della spesa dei Psr in Calabria e Sicilia, ma impiega risorse molto limitate in Veneto, Campania, Lombardia e Piemonte (tra l’1,2% ed il 2,5% del budget dei Psr). La Regione che detiene il primato degli investimenti nel biologico è la Sicilia con 280,4 mila ettari, seguita da Puglia a quota 191,8 mila ettari e Calabria (138,3 mila ettari). Negli ultimi tempi gli incrementi più rilevanti si sono registrati in Valle d’Aosta, Calabria e Toscana.