Oggi è il tanto atteso giorno del referendum britannico che deve decidere sulla permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione Europea. Oltre alle inevitabili conseguenze politiche, l’opzione “leave” (l’uscita dall’Unione) avrebbe certamente conseguenze anche sull’agroalimentare italiano. Con oltre 600 milioni di euro nel 2015, circa il 18% del totale delle esportazioni dei prodotti agroalimentari made in Italy, il Regno Unito è per la cooperazione italiana il secondo mercato europeo per importanza dopo la Germania.
Una piazza significativamente strategica, dunque, in particolare per comparti come ortofrutta fresca e trasformata (200 mln di euro), vino (185 mln), latte e formaggi (80 mln) e salumi e carni fresche (oltre 70 mln).
Non è semplice azzardare previsioni sulle ipotetiche conseguenze della Brexit, anche perché l’eventuale decisione di uscire dall’Ue aprirebbe poi una fase di negoziazione con l'Unione europea. Possiamo però ipotizzare che, nel mentre, il mercato inizierebbe un percorso di assestamento verso il nuovo scenario.
Ma dipenderà dal tipo di politica commerciale che, sempre in caso di Brexit, il governo tory di Cameron deciderà di adottare. Se sarà orientata a un accordo di libero scambio con l'UE, occorrerà valutarne i termini: bisognerà fare i conti con l’impatto di eventuali modifiche in merito al riconoscimento delle denominazioni di qualità, vero plus dell’export tricolore. Se invece dovesse prevalere la linea dell’isolazionismo prolungato non si possono escludere nemmeno eventuali barriere tariffarie.
Da non le conseguenze sul tasso di cambio euro-sterlina, che può giocare un ruolo determinante sulla competitività dei prezzi dei prodotti.
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