S’intitola “Fondi rubati all’agricoltura” la coraggiosa videoinchiesta firmata dai giovani reporter freelance Diego Gandolfo e Alessandro di Nunzio che ha vinto la quarta edizione del premio “Roberto Morrione” dedicato al giornalismo investigativo, sezione del premio giornalistico televisivo “Ilaria Alpi”.
Il reportage esplora il mondo dei fondi europei destinati a sostenere l’agricoltura, uno dei settori più cruciali e strategici dell’economia italiana, un vorticoso giro di somme di denaro che spesso, però, finisce in mano alle associazioni mafiose, penalizzando gli agricoltori onesti.
L’inchiesta, caratterizzata dall’indicazione di nomi e cognomi e dalla scelta di non oscurare i volti delle persone interessate, è scaturita da cinque mesi di duro lavoro per denunciare l’accaparramento dei fondi europei destinati all’agricoltura da parte delle cosche siciliane. La mafia punta sempre più alla terra perché, in base alla quantità di possesso, arrivano finanziamenti. Un meccanismo che in Sicilia ha inquinato l’intero sistema di assegnazione e compravendita dei terreni. Grazie alla videoinchiesta dei due ragazzi c’è un’indagine in corso.
“Lavoro in un’azienda bolognese da sei anni e conciliare la mia attività con l’impegno giornalistico non è stato facile – racconta il foggiano Alessandro Di Nunzio in un’intervista al quotidiano “La Stampa”. Spiega: “Io e Diego ci siamo conosciuti all’università di Bologna e già da studenti abbiamo condiviso la passione per il giornalismo firmando un capitolo a testa per il libro di Ferruccio Pinotti ‘La Lobby di Dio’. Da lì siamo andati avanti e da tempo volevamo occuparci dei fondi europei”.
La loro attenzione cade sulla Sicilia, terra di Diego Gandolfo, regione dove in assoluto ci sono più frodi, pratiche diffuse da tempo. Hanno iniziato a lavorare mentre la Guardia di Finanza di Caltagirone effettuava un’indagine sulla materia che ha portato all’arresto di una cinquantina di persone. Un’altra inchiesta ha portato alla confisca del fondo Mimiani all’imprenditore Paolo Farinella, punto di ritrovo della criminalità locale, dove ha trascorso parte della sua latitanza lo stesso Provenzano. Questi ettari di terra per dieci anni hanno beneficiato di fondi europei per un milione di euro. Altro clamoroso fatto di cronaca è stato il buco nero riscontrato in Agea, l’Agenzia italiana per le erogazioni in agricoltura, con tre dirigenti inquisiti.
“Abbiamo scoperto che c’è una parte di Cosa Nostra, la cosiddetta ‘mafia dei Nebrodi’ del clan dei Batanesi di Tortorici, che opera tra Messina, Siracusa, Catania ed Enna, ed è specializzata proprio nell’accaparramento di terre – proseguono i due autori nel corso dell’intervista. “Il sindaco di Troina, Fabio Venezia, e il presidente dell’Ente Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, hanno ricevuto diverse intimidazioni e adesso vivono sotto scorta. La loro unica colpa è aver cercato di fare chiarezza sul criterio di assegnazione delle terre”.
Di Nunzio e Gandolfo illustrano anche il meccanismo, che nasce dai Caa, i centri di assistenza agricola, da cui partono le domande per l’Agea. I proprietari agricoli non hanno l’obbligo di verifica dei contratti e, prima del 2011, chiunque poteva dichiararsi proprietario di un terreno tramite autocertificazione. Inoltre la soglia oltre la quale viene richiesta la certificazione antimafia è di 150mila euro di contributi l’anno. “Una misura di sicurezza inutile – sottolineano i due. “Per quella cifra bisognerebbe avere una quantità di terreni enorme. La soglia andrebbe abbassata. Altro grave problema è che la Dia non viene coinvolta nella questione dei fondi europei”.
I ragazzi hanno parlato direttamente con gli agricoltori siciliani e qualcuno ha raccontato con dovizia di particolari. In particolare hanno incontrato un coraggioso ragazzo di 21 anni della provincia di Siracusa, il quale ha spiegato come il suo ettaro di terra sia stato recintato da un signore con dei paletti. Il ragazzo provava a toglierli, ma qualcuno era sempre pronto a rimetterli per ribadire che quella terra era sua. Fino all’usucapione. Un vero e proprio esproprio, spesso supportato da false compravendite collocate persino molti decenni addietro.
C’è un altro aspetto drammatico della vicenda: spesso i soldi acquisiti in modo fraudolento dall’Europa non vengono reinvestiti nel settore primario, ma finiscono nel mondo delle costruzioni. Insomma, un duplice danno anche all’ambiente.
Particolarmente significativa la lunga intervista al presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, il quale si sofferma sul problema della mafia dei pascoli, argomento di notevole interesse sociale: con l’utilizzo di contratti fantasma e minacce, una notevole quantità di terreni in Sicilia e nella zona dei Nebrodi, vengono sottratti agli agricoltori che ne sono i legittimi proprietari, anche in questo caso per sfruttare in modo fraudolento i finanziamenti europei.
Antoci, per il suo forte impegno in favore della legalità sul territorio dei Nebrodi, vive sotto scorta.
A Messina il 18 marzo 2015 è stato sottoscritto in Prefettura un protocollo di legalità. Approvato dal Gabinetto del Ministro dell’Interno, grazie alla sinergia tra la Prefettura di Messina, la Regione Siciliana, l’Ente Parco dei Nebrodi e tutti i Comuni ricadenti all’interno dell’area protetta e l’Ente di Sviluppo Agricolo, contiene specifiche linee guida per rafforzare l’ interesse pubblico alla legalità tra tutte le istituzioni e contrastare i tentativi di infiltrazione mafiosa nelle procedure di concessione a privati di beni compresi nel territorio del Parco.
“Ormai il tema è di interesse nazionale ed anche comunitario, grazie a questa esperienza del protocollo d’intesa che è unica in Italia: l’obiettivo è ridare terreni e lavoro ai siciliani onesti, per creare occasioni di sviluppo. L’imprenditoria deve essere esercitata dai giovani, che hanno ricevuto questo lavoro in eredità dai loro padri con immensi sacrifici e tramandare a loro volta il messaggio di impegno, lavoro e legalità, senza la quale non può esserci sviluppo, ed essere al tempo stesso l’orgoglio della Sicilia onesta. Il prestigioso premio giornalistico ricevuto per il reportage che riguarda questo impegno ci conferma che la strada imboccata è quella giusta e da questa strada non torneremo indietro – conclude Antoci.
Il reportage premiato andrà in onda sui canali Rai nei primi giorni di ottobre.
Sulla base delle denunce contenute nel documentario, l’europarlamentare italiano Corrao ha portato la questione a Bruxelles – “Il mio ruolo mi impone di denunciare che tramite i fondi della Politica Agricola Comune la Commissione sta finanziando la criminalità organizzata in Sicilia – ha detto Corrao.“Per accaparrarsi i fondi – ha spiegato – la mafia truffa, usa la violenza, intimidisce. Gli agricoltori sono costretti con la forza a cedere i terreni e molti sindaci, titolari di centinaia di ettari di terreni comunali, come Fabio Venezia primo cittadino di Troina ed ancora Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi, sono oggi costretti a vivere sotto scorta. E' una situazione insostenibile, soprattutto se si considera che tutti i terreni sequestrati alla mafia hanno percepito i fondi della Pac per il sostegno al reddito. Mi si ricorderà giustamente che esiste l'obbligatorietà della certificazione antimafia per poter beneficiare del sostegno al reddito agricolo, peccato però che l'obbligatorietà è richiesta per importi superiori ai 150mila euro annui. Ma quanto terreno occorre per percepire 150mila euro? 300 ettari, 3 chilometri quadrati?. Una superficie che supera di 1/3 quella di tutto il Principato di Monaco. La Commissione tramite l’Olaf, il Ministero, la Magistratura e le Forze dell'ordine sono al corrente della vergognosa situazione e del fatto che la maggior parte di questi fondi siano irrecuperabili per via della prescrizione. Ecco perché la Commissione europea ha proposto di tagliarci circa 400 milioni di euro dai prossimi finanziamenti. Noi proponiamo una soluzione semplice e di facile applicazione, ovvero una banca dati dei beneficiari e l’abbassamento della soglia minima di 150mila euro per la richiesta del certificato antimafia”.