Lo scorso 22 agosto si è celebrato il Tarta-Day, la giornata nazionale dedicata alla tartaruga marina, la Caretta – Caretta. L’iniziativa promossa da TartaLife, il progetto Life+ di cui è capofila il CNR-ISMAR di Ancona, ha visto come protagonisti molti centri di recupero che operano su tutta la nostra penisola: dall’Emilia Romagna alla Sicilia passando per la Puglia e la Sardegna.
Il progetto, che ha come obiettivo la riduzione della mortalità della Caretta caretta dovuta alla pesca professionale nei nostri mari, vuole informare il grande pubblico sulle reali condizioni in cui versa la specie nei nostri mari e su cosa si può fare per arginare il rischio di estinzione.
Ogni anno sono oltre 130 mila le tartarughe marine Caretta caretta che nel Mediterraneo rimangono vittime di catture accidentali da parte dei pescatori. Circa 70.000 abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40.000 restano intrappolate nelle reti a strascico e circa 23.000 in quelle da posta, per un totale di 133.000 catture con oltre 40.000 casi di decesso. Numeri impressionanti e peraltro decisamente sottostimati: se infatti consideriamo in questo calcolo tutti i pescherecci comunitari e le migliaia di piccole imbarcazioni da pesca che operano nei paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo, si arriva più verosimilmente a una stima di 200 mila catture e proporzionalmente a circa 70 mila decessi.
Le minacce principali per la sopravvivenza della specie sono rappresentate dalle catture realizzate in maniera involontaria tramite i palangari e le reti a strascico, alcuni fra i tipi di pesca più diffusi nelle marinerie italiane. I palangari, diffusi soprattutto in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia, sono costituiti da migliaia di ami collegati a un cavo principale; la tartaruga marina viene catturata accidentalmente nel momento in cui si avventa sull’esca posizionata sull’amo. Le reti a strascico sono invece tranate sul fondo e possono incidentalmente catturare le tartarughe che si trovavano lungo il percorso compiuto dalla rete.
L’obiettivo di Tartalife è quello di promuovere a livello nazionale l’adozione di nuovi attrezzi da pesca più selettivi, già sperimentati dal CNR-ISMAR, di istituire nuovi “presidi di soccorso” per le tartarughe (o potenziare quelli già esistenti) nelle aree geografiche più “a rischio” per la pesca o più importanti per la riproduzione ed in particolare per la nidificazione.
Infatti non esiste solo il problema della pesca professionale. Recenti studi affermano che il Mare Nostrum riesce ad ospitare il 7% delle specie marine conosciute al mondo, ed in particolare, ben 5 specie di tartarughe tra cui la Caretta caretta che è la più comune.
Un patrimonio naturale ingente che, tuttavia, si scontra quotidianamente con le numerosissime minacce: la cementificazione delle coste, 90 milioni di abitanti risiedono nella fascia costiera, 584 città affacciate sul mare, 750 porti turistici e 286 commerciali per una media di 200 milioni di turisti ogni anno. Un flusso di merci e di pubblico tale da mettere a dura prova la capacità dell’uomo e degli ecosistemi di conservare intatta la naturalità dei siti di riproduzione. Poche le eccezioni in Italia come la costa meridionale della Sicilia e la piccola isola di Linosa, la costa ionica della calabria e la Puglia. Ma il pericolo maggiore è costituito dal traffico marittimo.
Tanti gli eventi previsti per il Tarta-Day. La giornata prevedeva la liberazione delle tartarughe ma anche l’apertura dei Centri di Recupero al pubblico con visite, conferenze, incontri informativi.
L’auspicio è che, anche quest’anno per l’Italia sia un’estate da record in tema di nascite. Per il momento registriamo un nido a Linosa che si schiuderà intorno alla metà di settembre, uno a Sciacca e due lungo la costa ionica della Calabria.
Info su: www.tartalife.eu