Nel 2014 il business dell’ecomafia è notevolmente cresciuto. Sono stati 29.293 i reati accertati – circa 80 al giorno, poco meno di quattro ogni ora – per un giro d’affari pari a 22 miliardi di euro. A crescere sensibilmente è soprattutto il business illegale nel comparto agroalimentare, che dai 500 milioni del 2013 è giunto ai 4,3 miliardi di euro per 7.985 illeciti: è il settore più redditizio per la criminalità. E’ seguito da quello legato all’inquinamento ambientale, comprendente il valore dei sequestri delle strutture, dei beni e dei conti correnti nell’ambito di operazioni di polizia giudiziaria, che è salito a 1,4 miliardi (800 milioni nel 2013).
In crescita anche il business dell’archeomafia, che con 500 milioni ha visto più che raddoppiato il mercato nero (nel 2013 era di circa 200 milioni). Nel 2014 sono stati 852 i furti d’opere d’arte accertati dalle forze dell’ordine. Furti che hanno portato alla denuncia di 1.558 persone e all’arresto di quindici. L’attività più ricorrente tra quelle legate all’archeomafia è quella della ricettazione. Come gli altri anni il Lazio si conferma la regione con il maggior numero di reati, seguita da Emilia Romagna, Campania e Toscana.
Altro settore monitorato è il racket degli animali: le forze dell’ordine hanno verbalizzato ben 7.846 reati tra bracconaggio, commercio illegale di specie protette, abigeato, allevamenti illegali, macellazioni in nero, pesca di frodo, combattimenti clandestini e maltrattamenti, con la denuncia di 7.201 persone, l’arresto di undici e il sequestro di 2.479 tra animali vivi e morti. La Sicilia è la regione dove se ne sono contati di più.
In termini percentuali sono particolarmente aumentate anche le infrazioni nel settore dei rifiuti (più 26 per cento) e del cemento (più 4,3 per cento).
Sono alcuni dei dati riportati nel il Rapporto di Legambiente “Ecomafia 2015 – Corrotti, clan e inquinatori. I ladri di futuro all’assalto del Belpaese”, presentato a Roma alla presenza, tra gli altri, del capo della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.
A livello territoriale, ad esclusione della Campania, si registra un’ulteriore crescita dell’incidenza criminale in regioni a tradizionale presenza mafiosa. E’ la Puglia a primeggiare nella classifica regionale degli illeciti, con il 15,4 per cento dei reati accertati (4.499), 4.159 denunce e 5 arresti. A seguire, Sicilia e Calabria, anche loro in crescita, mentre in Campania si registra un calo dei reati del 21 per cento, dovuto forse ai tanti riflettori accesi di recente sulla regione. Comunque, complessivamente, in queste quattro regioni si è registrato più della metà del numero totale di infrazioni (ben 14.736), con 12.732 denunce, 71 arresti e 5.127 sequestri.
Il Lazio si conferma la prima regione del centro Italia, la Liguria è la prima del Nord. Lombardia al top per le indagini sulla corruzione.
Il 2015 è, però, un anno importante per gli ecoreati, è l’anno della legge che introduce nel codice penale uno specifico titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente. Dopo 21 anni di battaglie, la legge n. 68 del 22 maggio 2015, ha introdotto i delitti contro l’ambiente nel codice penale. Si punisce chi vuole fare profitti a danno della salute collettiva e degli ecosistemi. Uno strumento fondamentale per combattere anche quella zona grigia, dove impera la corruzione, che è diventata il principale nemico dell’ambiente a causa delle troppe amministrazioni colluse, degli appalti pilotati, degli amministratori disonesti e della gestione delle emergenze che consentono di aggirare regole e appalti trasparenti.
Una novità normativa importante di fronte ad un’ecomafia che continua a crescere: sono 324 i clan monitorati ad oggi.
Una realtà che oltrepassa i confini nazionali, vede i suoi interessi economici aumentare e assume sempre più la forma di una vera e propria impresa al cui interno operano figure professionali precise e definite.
C’è il trafficante dei rifiuti che ha reso questa attività illegale un affare dove a guadagnarci sono tutti gli anelli della catena, dai trasportatori agli industriali, dai tecnici agli intermediari con le istituzioni e agli utilizzatori finali che sotterrano i rifiuti nelle cave dismesse o nei terreni agricoli. C’è l’imprenditore edile che favorisce il controllo diretto delle famiglie mafiose sugli appalti più “succulenti”, contribuendo alla devastazione dei luoghi più belli dell’Italia. L’uomo del supermarket o cassiere dei boss è colui che, attraverso le casse dei supermercati, ricicla ingenti quantità di denaro per conto della mafia. Da semplici prestanome a veri e propri tesorieri, questi imprenditori della grande distribuzione, negli ultimi vent’anni hanno fondato imperi economici in Sicilia, in Calabria e in Campania all’ombra dei clan. Tra le figure chiave troviamo il politico locale, eletto grazie ai voti o al sostegno economico delle famiglie mafiose, che una volta in carica si deve sdebitare, prendendosi cura dei loro interessi. Spesso si tratta addirittura di politici “regolarmente” affiliati a un clan. Ma c’è anche il funzionario pubblico, meglio noto come “colletto bianco”, figura che svolge un ruolo fondamentale negli uffici delle pubbliche amministrazioni e degli enti, quando si tratta di rilasciare un permesso a costruire, un’autorizzazione, una licenza. Poi ci sono il tecnico, l’esperto e il consulente, figure coltivate in passato in seno alla famiglia mafiosa, oggi facilmente reclutabili sul mercato, spesso superprofessionisti utili per estendere il raggio dei propri business. Una novità assoluta è rappresentata dallo sviluppatore, professionista legato agli affari illeciti della green economy, esperto conoscitore dei meccanismi di sviluppo delle rinnovabili. In ultimo, ma non meno importanti compaiono il truffatore agroalimentare che, ai danni della salute dei consumatori, etichetta e vende prodotti di scarsissima qualità, scaduti o addirittura nocivi, sotto false diciture; il contrabbandiere di cuccioli che si macchia dei reati di compravendita illegale, occupazione di suolo pubblico, accattonaggio, truffa e maltrattamento di animali; il mercante di archeomafia che, avvalendosi di squadre di cercatori, saccheggia i siti archeologici per rivendere anfore e statuette sul mercato nero degli appassionati del genere.
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