Alla fine è esplosa la crisi nella grande distribuzione italiana. Licenziamenti annunciati e largo ricorso agli ammortizzatori sociali, fughe di alcune catene estere e cessione delle reti sono soltanto gli effetti di un drammatico calo dei margini che ha colpito le catene commerciali.
Negli ultimi anni il crollo dei consumi ha messo i supermercati sotto pressione: li ha costretti a dimezzare gli investimenti per nuove aperture e a ridurre la superficie di vendita. La miccia che ha risvegliato l’interesse dei media è stata la decisione di Auchan (in sofferenza da almeno un paio d’anni) di quantificare in 1.426 gli esuberi in Italia su circa 12mila addetti in Italia.
Come riportato sul Sole 24ore da Emanuele Scarci, la crisi sembra precipitare. “Nell’ultimo incontro, Auchan – spiega Russo della Cgil – ci ha comunicato di aver perso 110 milioni negli iper e un centinaio nella catena Sma".
Ma in questi giorni è esploso anche il dramma di Mercatone Uno (mobili e arredi con un’ottantina di negozi): la mancata ripresa delle vendite ha prima fatto fallire il piano di rilancio e poi ha imposto il commissariamento del ministero dello Sviluppo economico.
Decisamente peggio è andato a Lombardini e al gruppo tedesco Rewe: Lombardini ha ceduto cash&carry, iper, super e 300 discount a Carrefour, Coop, Selex e MD. I tedeschi di Billa (ex Standa) hanno abbandonato il Paese (restano i discount Penny) cedendo la rete commerciale a Conad e Carrefour, ma quest’ultimo player si è ritirato dal Sud (cedendo soprattutto a Coop e a operatori locali) dopo anni di delusioni.
"Non siamo sull’orlo della crisi – esordisce Francesco Pugliese, ad di Conad – ma ci siamo dentro da tempo. Tuttavia ci sono aziende, come Conad, che si sono adattate di più e anzi ne stanno approfittando per crescere. Il sistema Conad, nell’ultimo esercizio, ha portato il patrimonio da 1,5 miliardi a circa 2. La situazione ci impone di crescere e presto faremo delle acquisizioni. Vogliamo diventare leader".
Anche Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, ammette che "le aziende sono in sofferenza, ma non tutte sono uguali. In un contesto di mercato maturo, le catene italiane hanno mostrato di adattarsi al territorio più di quelle estere. Oggi la sfida non è più la corsa ad aprire nuovi punti vendita, ma innovare quelli esistenti, specializzandosi sul cibo e valorizzando la territorialità".
Federdistribuzione fotografa la situazione con un’analisi di Trade Lab: l’utile netto sul fatturato delle imprese della gdo è scivolato dall’1,4% del 2006, allo 0,8% del 2010 e allo 0,1% del 2013. Consideriamo poi che il 72% del valore aggiunto è comunque destinato alla remunerazione del personale.
In scia un report di Mediobanca, secondo cui la redditività della distribuzione al dettaglio (risultato d’esercizio/capitale netto) è calata dal 9,5% della media 2003/7 al -0,5% del 2013.
photo credit to fanpage.it