Continuano ad aumentare gli amatori della pasta italiana. Le ultime rilevazioni sull’export, prodotte da Ismea, fanno registrare nel 2014 una crescita delle esportazioni in Cina del 40 per cento, mentre calano in Giappone del 4 per cento.
La sorpresa è la Russia con + 11 per cento, mentre si consolida e si rafforza la posizione all’interno del mercato comunitario con un 46 per cento. La dinamica dell’ultimo anno si è rivelata particolarmente sostenuta verso il Regno Unito (+10% in quantità sul 2013), positiva verso la Germania (+1%) e invariata alla volta di Parigi. Nei Paesi Bassi si registra un +18% e in Belgio un +17%. Più contenuta la crescita in Svezia (+4%), mentre l’export in Austria ha accusato una flessione del 2%. Bene gli Usa con +7 per cento.
La somma fa comprendere come l’incremento totale, nell’anno passato, sia stato del 4 per cento. Le esportazioni hanno oltrepassato negli ultimi dodici mesi la soglia psicologica dei 2 milioni di tonnellate, per un giro d’affari complessivo di oltre 2,2 miliardi di euro.
La pasta pesa oggi il 7% circa del valore dell’export dell’intero agroalimentare, e negli ultimi 15 anni ha registrato un trend sempre positivo. Nel caso della pasta di semola secca – che rappresenta oltre l’80% dell’intero comparto – le esportazioni sono cresciute, a partire dal 2001, mediamente ad un ritmo del 2,3% annuo in volume e del 5% in valore, con uno stop solo nel 2008, quando la fiammata dei listini del grano duro determinò una drastica riduzione dei quantitativi immessi sui circuiti internazionali (-5% circa) per via degli alti livelli di prezzo raggiunti.