Negli ultimi quattro anni l’Italia ha perso 15,3 miliardi di euro sul fronte pubblico a causa dei cosiddetti “derivati”, titoli finanziari complessi e ad alto rischio, il cui valore dipende dalla variazione di prezzo di altri prodotti finanziari. Nel dettaglio, quasi due miliardi persi nel 2013, altri due e mezzo nel 2012, e ancora un paio l’anno precedente. E’ quanto emerge nell’inchiesta che Stefania Rimini ha firmato per la trasmissione “Report” di Milena Gabanelli. La causa delle è dovuta alle rinegoziazioni dei contratti. Tutti questi soldi – come denuncia “Report” – sono finiti a rimpinguare il conto economico di 17 banche estere e due italiane (Intesa Sanpaolo e Unicredit). Quelle, appunto, con cui il Tesoro ha sottoscritto una decina d’anni fa i contratti di finanza derivata.
I “derivati”, per la loro enorme diffusione soprattutto nel nuovo millennio, hanno finito per acquisire un ruolo di assoluta centralità nell’intera economia globale: quelli con finalità meramente speculativa hanno contribuito a dissestare molte aree del mondo. La loro natura, infatti, è quella di una vera e propria “scommessa” sull’andamento di un particolare indice di prezzo, come quotazioni di titoli, tassi d’interesse, tassi di cambio tra valute diverse, prezzi di merci o di materie prime, ecc. In molti casi gli acquirenti di un “derivato” scelgono di scommettere sulla capacità di un debitore di onorare o meno un determinato prestito: un gioco che non manca certo d’immoralità e di cinismo.
Alla base dell’attuale crisi non manca l’apporto dei “derivati”: i protagonisti della finanza internazionale sono riusciti, grazie a tali strumenti, a scaricare le conseguenze della crisi sull’economia reale (le aziende) e sugli enti pubblici, finendo per far pagare il conto all’intera collettività.
Nel caso del nostro Paese, il Tesoro si è impegnato a pagare alla banca un tasso fisso su un certo ammontare di debito pubblico, ad esempio il 5 per cento annuo, mentre la banca, a sua volta, corrisponde allo Stato italiano un interesse misurato sull’Euribor. Dal momento che oggi i tassi sono a zero, il Tesoro ci sta rimettendo tutto.
“Report ricorda che quei contratti sono stati stipulati pochi anni prima del crollo verticale dei tassi. E per un ammontare gigantesco: 160 miliardi di euro. Tra questi vanno inclusi anche quelli delle amministrazioni locali.
Come ricorda Sergio Rizzo sul “Corriere della sera”, già nel 2014 la Procura della Corte dei conti, nella relazione sull’apertura dell’anno giudiziario, aveva evidenziato i pericoli causati da tali operazioni, facendo presente che il rapporto fra deficit pubblico e Pil del 2013 sarebbe stato ben migliore (il 2,8 anziché il 3 per cento) senza un salasso di 3,2 miliardi provocato dai “derivati”.
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