L’hanno chiamato “L’Italia in dieci selfie” il dossier sulle eccellenze del nostro Paese. Dei veri e propri focus sulla competitività nell’export, sul surplus manifatturiero, sulla leadership nell’agroalimentare, sull’ecoefficienza nel sistema produttivo, sull’economia della cultura, sull’attrattività turistica, sulla coesione territoriale.
A firmarlo la fondazione “Symbola” per le Qualità Italiane, che quest’anno festeggia i dieci anni di attività, sempre presieduta dal deputato Ermete Realacci, 60 anni, esponente del Pd ed oggi presidente della Commissione Ambiente della Camera.
Nella premessa del dossier, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina scrive: “In questo importante lavoro di Symbola sono racchiuse dieci chiavi di lettura del successo del nostro Paese nel mondo. Una traccia operativa utile soprattutto per acquisire consapevolezza sui nostri punti di forza. Perché l’Italia deve conoscere e riconoscere le proprie potenze, così come deve imparare a superare i propri limiti”.
Il documento rappresenta un’aggregazione dei dati relativi a dieci settori che costituiscono altrettanti punti di forza dell’economia italiana e che mostrano come il vero problema non sia né la qualità dei prodotti né la loro competitività sui mercati globali, ma il crollo del mercato interno dovuto ad un eccesso di politiche di rigore e di austerità che ha determinato la depressione dei redditi e dei consumi.
Ma quali sono, secondo la fondazione, i dieci punti di forza da cui ripartire per sfidare la recessione?
Il primo punto ricorda che l’Italia è uno dei soli cinque Paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari. Insieme ad altre grandi potenze industriali come Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud. Al contrario, Francia (meno 34 miliardi), Gran Bretagna (meno 99) e Usa (meno 610) vedono la bilancia commerciale manifatturiera pendere al contrario.
Secondo punto: le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti (il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale) nel 2012 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935.
Terzo “selfie”: considerando il debito aggregato (Stato, famiglie, imprese) l’Italia è uno dei Paesi meno indebitati al mondo. Quello italiano, nonostante crisi e austerity non siano state indolori nemmeno per le famiglie, pesa il 261 per cento del Pil. Quello del Giappone il 412 per cento, quello della Spagna il 305 per cento, quello britannico il 284 per cento, quello del Regno Unito il 284 per cento e quello degli Stati Uniti il 264 per cento.
Ancora, quarto punto: per 77 prodotti l’Italia è leader dell’agroalimentare nel mondo. Tra i prodotti dell’agroalimentare italiano ben 23 non hanno rivali sui mercati internazionali e vantano le maggiori quote di mercato mondiale. E ce ne sono altri 54 per i quali siamo secondi o terzi. Nonostante la contraffazione e la concorrenza sleale dell’Italian sounding, siamo sul podio nel commercio mondiale per ben 77 prodotti. Siamo, inoltre, il Paese più forte sul pianeta per prodotti “distintivi”, con 269 prodotti Dop, Igp e Stg (a cui si aggiungono 4.816 specialità tradizionali regionali), seguiti a distanza da Francia, 207, e Spagna, 162.
Quinto “selfie”: l’Italia è il secondo paese più competitivo al mondo nel machinery. L’industria italiana del machinery occupa i vertici delle graduatorie mondiali di settore. Nella classifica di competitività calcolata sulla base del Trade performance Index, elaborato dall’International Trade Centre del Wto, l’industria italiana della meccanica risulta seconda solo a quella tedesca.
Sesto punto: dalla green economy viene il turbo per le imprese italiane. Il 22 per cento delle aziende italiane, percentuale che sale al 33 per cento delle imprese manifatturiere, nella crisi hanno scommesso sulla green economy, settore che vale 101 miliardi di euro di valore aggiunto, il 10,2 per cento dell’economia nazionale. Una scelta vincente. In termini di export: se consideriamo le imprese manifatturiere, il 44 per cento di quelle che investono green esportano stabilmente, contro il 24 per cento di quelle che non lo fanno. E di innovazione, il 30 per cento delle aziende manifatturiere che puntano sul verde hanno sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 15 per cento delle altre. Con i green jobs che sono diventati protagonisti dell’innovazione e coprono addirittura il 70 per cento di tutte le assunzioni destinate alle attività di ricerca e sviluppo delle nostre aziende.
Quota sette. L’Italia è leader in Europa per eco-efficienza del sistema produttivo. E siamo campioni nell’industria del riciclo. Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi in campo ambientale, con 104 tonnellate di anidride carbonica per milione di euro prodotto (la Germania ne immette in atmosfera 143, il Regno Unito 130) e 41 di rifiuti (65 la Germania e il Regno Unito, 93 la Francia). Siamo campioni europei nell’industria del riciclo: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono stati recuperati 24,1 milioni, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania sono 22,4). Milano, la città dell’Expo è, insieme a Vienna, per raccolta differenziata, in cima alla classifica delle metropoli europee sopra il milione di abitanti e ha nel mondo, fra le grandi città, il primato delle persone servite dalla raccolta dell’organico.
Ottavo punto: con la cultura, l’Italia mangia. Alla filiera della cultura – 443.458 aziende, il 7,3 per cento del totale nazionale – l’Italia deve 80 miliardi di euro, il 5,7 per cento della ricchezza prodotta. Ma arriviamo a 214 miliardi, il 15,3 per cento del valore aggiunto nazionale, se consideriamo quella parte dell’economia nazionale che, come il turismo, cresce di 1,67 euro per ogni euro prodotto dalla cultura.
Nono “selfie”: l’Italia è, nell’eurozona, la meta preferita dei turisti extraeuropei. Grazie a cultura, bellezza e qualità. Siamo il primo paese per pernottamenti di turisti extreuropei, con 56 milioni di notti. Siamo la meta preferita di paesi come la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada (dati Eurostat). Un risultato che ha solide radici nella bellezza e nella cultura di cui il Paese è ricco. L'Italia, non a caso, è il Paese che nel mondo vanta il maggior numero di siti Unesco nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità (51 su 1001).
Ultimo punto: coesione, ricetta per competere. Le imprese ‘coesive’ – quelle più legate alle comunità, ai lavoratori, al territorio, che investono nelle competenze, nella sostenibilità, nella qualità e bellezza – sono più competitive. Nel 2013 queste imprese hanno aumentato il fatturato nel 39% dei casi rispetto al 2012, contro il 31% delle non coesive. Hanno visto crescere l’occupazione nel 22% contro il 15%. Non è forse un caso se, tra il 2007 e il 2012, pur senza misure pubbliche a sostegno, sono imprese italiane quelle che hanno guidato – dietro gli Usa – il re-shoring mondiale e rappresentano oggi il 60% delle rilocalizzazioni europee.
L’intero dossier è disponibile a questo link: http://bit.ly/Italia10selfie_dossierExpo2015.