Un quadro molto opaco sulla situazione economica e sociale italiana quello che fuoriesce dalle oltre mille pagine del 27esimo Rapporto Eurispes. Suddiviso in sessanta argomenti raccolti in sei parole-chiave, lo studio evidenzia innanzitutto la condizione economica sempre più difficile delle famiglie italiane: secondo il sondaggio compiuto dall’istituto di ricerca su un campione di 1.042 cittadini, il 47 per cento degli italiani intervistati dichiara di non arrivare a fine mese, una percentuale cresciuta di 16,4 punti rispetto alla rilevazione precedente. Soltanto il 44,2 per cento degli intervistati dichiara di riuscire ad arrivare a fine mese senza grandi difficoltà. La condizione economica delle famiglie è peggiorata nel 76,7 per cento dei casi. Il 55,7 per cento non crede nella ripresa.
Sulla stessa linea di sfiducia emerge il desiderio di trasferirsi all’estero: secondo un analogo sondaggio, lo farebbe subito il 45,4 dei cittadini italiani. I più propensi ad andare a vivere in un altro Paese sono gli studenti (quasi il 65 per cento). L’ennesima conferma del fatto che oggi le condizioni di vita nel nostro Paese sono molto più difficili che in passato.
Il clima nero emerge anche da alcuni dati reali, come l’esercito di 40 mila usurai, in forte crescita soprattutto nel Centro-nord, con non meno di 200 mila commercianti coinvolti in rapporti di usura. Ma, in termini di prestiti, ne sono coinvolti ormai un italiano su tre, che ha chiesto un prestito bancario nel corso degli ultimi tre anni, che nel 7 per cento dei casi è stato negato. I prestiti vengono contratti soprattutto per l’acquisto dell’abitazione (42% per cento), ma anche per far fronte alla necessità di pagare debiti accumulati (29,3% per cento), saldare prestiti contratti con altre banche/finanziarie (23,9% per cento), affrontare le spese per cerimonie (23,3% per cento) e per le cure mediche (23,3% per cento).
Un’arma per combattere la crisi? Uscire dall’euro. E’ l’auspicio del 41,1 per cento del campione Eurispes. I meno convinti della moneta unica sono soprattutto i lavoratori atipici (47,5 per cento), cioè, come scrive l’istituto di ricerca, “quelle categorie più indebolite dalla crisi economica e dall'instabilità del mercato del lavoro”.
L’indice di fiducia più elevato è riposto in Papa Francesco, che raggiunge un gradimento dell’89,6 per cento. Un giudizio positivo che traina la credibilità della Chiesa in genere, che tocca livelli mai raggiunti nelle rilevazioni effettuate dal 2009: i consensi sono al 62,6 per cento, rispetto al 49 per cento del 2014, e il 36,6 per cento del 2013. Significativo il fatto che i consensi per Bergoglio raddoppiano (dal 27,1 al 51,1 per cento) tra i 18-24enni.
Non brilla per consensi l’ex presidente della Repubblica Napolitano (45,3 per cento): in molti hanno visto nelle sue dimissioni un elemento positivo per il Paese che potrebbe avere l’opportunità di “svecchiarsi” (35,6 per cento). È emersa inoltre una generalizzata rassegnazione insieme ad un sentimento affatto costruttivo di quanti ritengono che il cambio alla Presidenza non porterà alcun mutamento rispetto all’andamento della situazione italiana (43,4 per cento).
Il governo raccoglie un tasso di fiducia al 18,9 per cento, il Parlamento è addirittura al 10,1 per cento (-6 per cento rispetto al 2014). Crolla la fiducia nell’autorità giudiziaria (dal 41,4 al 28,8 per cento).
Le considerazioni generali sul Rapporto Eurispes 2015 del presidente Gian Maria Fara hanno un titolo significativo: “Il Grande Fardello”, ovvero la burocrazia e il fisco, vincoli soffocanti che impediscono al Paese di ripartire con la sua potenzia inespressa.
“Mentre l’economia va a rotoli e la società vive un pericoloso processo di disarticolazione – sottolinea Fara – assistiamo al trionfo di un apparato burocratico onnipotente e pervasivo in grado di controllare ogni momento e ogni passaggio della nostra vita. Con l’incredibile incremento della produzione legislativa necessaria a regolare la nuova complessità sociale ed economica, la burocrazia da esecutore si è trasformata prima in attore, poi in protagonista, poi ancora in casta e, infine, in vero e proprio potere al pari, se non al di sopra, di quello politico, economico, giudiziario, legislativo, esecutivo, dell’informazione – spiega Fara.
Una burocrazia che, secondo il presidente di Eurispes, ingloba in sé il momento progettuale (la preparazione di leggi, misure, regolamenti); organizza i percorsi di approvazione, di emanazione e di applicazione; determina sanzioni; gestisce e distribuisce le risorse, non ha bisogno della politica se non come simulacro, come involucro che serve a salvare la forma. Nella sostanza, essa stessa si è fatta politica.
“Questo progressivo allargamento del ruolo della burocrazia – spiega ancora Fara – non può essere attribuito solo alla sua ‘volontà di potenza’ o ad un innato moto riproduttivo. Esso è piuttosto la conseguenza della perdita di ruolo e di credibilità della politica e della sua capacità di rispondere ai cambiamenti sociali e culturali, alle sfide economiche, alla complessità e alla globalizzazione. Complice la debolezza della politica, la rete burocratica ha finito per avvolgere silenziosamente il Paese e ne sta mortificando la creatività, l’impegno, la stessa voglia di fare. Basti pensare alle quotidiane difficoltà alle quali sono sottoposti gli italiani: stilare la dichiarazione dei redditi, interpretare i contenuti di un bollettino o di una comunicazione amministrativa, pagare l’Imu o la Tasi o una multa o decidere di avviare un’impresa, ottenere una qualsiasi informazione, entrare in contatto con uno dei tanti sportelli della pubblica amministrazione sono azioni che comportano difficoltà insormontabili ad onta di una tanto celebrata trasparenza. Ma lo stesso vale per le grandi aziende e i grandi enti privati erogatori di servizi pubblici che riescono addirittura a superare in opacità, elusività e resistenza la stessa pubblica amministrazione”.
Per adempiere ai propri doveri e obblighi, aggiunge Fara, occorre rivolgersi ad altri specialisti, gli unici in grado di interpretare norme, circolari e regolamenti costringendo i cittadini ad una sovrattassa che, surrettiziamente, incrementa la pressione fiscale.
Il presidente dell’Eurispes, richiamando un’immagine efficace proposta recentemente da Gustavo Zagrebelsky, paragona l’Italia alla figura mitologica dell’uroboro, serpente che mangia la sua coda nutrendosi di se stesso.
Lo Stato, con il suo apparato tentacolare, sta sopravvivendo nutrendosi proprio dei suoi cittadini e delle sue imprese, cioè della società che lo esprime. Con evidente miopia: che cosa accadrà quando non ci sarà più nulla di cui nutrirsi?
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