Nonostante la crisi economica generale, il numero delle aziende agrituristiche in Italia continua a crescere. I dati Istat confermano che nel 2013 le nuove aziende autorizzate all'attività agrituristica sono state 1.697, quelle cessate 1.274. Praticamente una crescita di 423 unità in un anno, pari al 2,1 per cento. Il numero complessivo delle aziende agrituristiche, cioè delle imprese agricole autorizzate all'esercizio dell’agriturismo, ha raggiunto quota 20.897.
Rispetto al 2012, il numero di agriturismi aumenta soprattutto nel Nord (+ 6,1 per cento) e meno nel Centro (+ 1,1 per cento), mentre però cala nel Mezzogiorno (- 2,1 per cento). La Toscana e l'Alto Adige, con 4.108 e 3.098 aziende, si confermano i territori in cui l'agriturismo risulta storicamente più consistente e radicato. Una crescita in linea con una lunga tendenza. Negli ultimi dieci anni, infatti, il comparto è cresciuto del 60,5 per cento, da 13.019 a 20.897; quelle che offrono alloggio del 58,8 per cento, da 10.767 a 17.102; mentre gli agriristori da 6.193 a 10.514, più 69,8 per cento. Crescono i posti letto, più 94mila, quelli a sedere, più 158mila, e crescono anche quelle che fanno altre attività, dalla degustazione alla fattoria didattica allo sport.
La tenuta del mercato è merito anche della lungimiranza delle aziende agrituristiche che sono particolarmente attente alla diversificazione dei servizi offerti. Persiste, infatti, l'offerta di pacchetti turistici integrati con servizi differenziati, diretti a meglio qualificare l'attività agrituristica rispetto al territorio in cui viene esercitata: 7.628 aziende svolgono contemporaneamente alloggio e ristorazione, mentre 10.184 aziende uniscono all'alloggio le altre attività agrituristiche.
Il 42,1 per cento degli agriturismi con alloggio, il 46,9 per cento di quelli con ristorazione e il 43,8 per cento degli agriturismi con degustazione è localizzato nel Nord, mentre il 41,9 per cento delle aziende con altre attività agrituristiche è situato nel Centro, rende noto ancora l’Istat. Rilevante anche il peso delle “quote rosa”: oltre un'azienda agrituristica su tre è a conduzione femminile; la maggiore concentrazione si rileva in Toscana, con 1.675 aziende, pari al 40,8 per cento del totale regionale e al 22,5 per cento del totale nazionale degli agriturismi gestiti da donne. Seguono Umbria e Lombardia.
La novità più recente, a quasi trent’anni dalla prima legge in materia (1985), è la classificazione unificata a livello nazionale, che mira a fare ordine nel settore. Un contrassegno per determinare criteri omogenei di classificazione, che è il risultato della collaborazione all’interno dell’Osservatorio nazionale dell’agriturismo e poi del Comitato nazionale consultivo dell’agriturismo tra il ministero delle Politiche agricole, le Regioni e le associazioni agrituristiche.
Un marchio che induce suggestioni profonde, legate alle peculiarità positive associate al nostro Paese, ad esempio il tempo buono, la natura, ma anche l’allegria. Nella maggior parte dei casi si è optato per salvaguardare la denominazione “agriturismo” in italiano, per comunicare già con il nome una sensazione legata all’Italia. Del resto l’agriturismo italiano è tuttora considerato un modello di grande efficienza a livello internazionale.
“Il metodo è stato elaborato tenendo conto delle attuali tendenze della domanda del mercato agrituristico in ambito nazionale ed estero – spiega Carlo Hausmann, responsabile tecnico di “AgrieTour”, il Salone nazionale dell’agriturismo e dell’agricoltura multifunzionale che si è chiuso il 16 novembre ad Arezzo Fiere e Congressi.
“La metodologia è costituita da una griglia di valutazione di parametri omogenei delle aziende agrituristiche, che tengono conto del livello di comfort della struttura ricettiva, della qualità del contesto ambientale, delle caratteristiche dell’azienda e dei servizi che è in grado di offrire, in termini di valorizzazione dei prodotti tipici locali, del paesaggio e dei territori – continua Hausmann. “Vuole garantire un’identità ed un valore ufficiale all’agriturismo nazionale e deve essere considerata come uno strumento in continua evoluzione, in quanto soggetta, dopo l’iniziale applicazione, agli eventuali adeguamenti che il settore richiederà”.
Le categorie di classificazione sono cinque, in fondo come per le altre strutture ricettive. Si va da un sole per l’azienda che offre solo le attrezzature e i servizi minimi previsti dalla legge in condizioni di necessaria igiene e funzionalità, fino ai cinque soli categoria dell’eccellenza paesaggistica e di servizio. La valutazione unitaria potrebbe rappresentare un valore aggiunto soprattutto per i clienti stranieri, aiutandoli nella valutazione e nel confronto. Un auspicio che trova conferma nell’ultimo report Ismea. L’agriturismo, nato in Toscana nei primi anni Settanta, si è sviluppato nel solco di tre leggi nazionali, la 730 del 1985, il decreto legislativo 228 del 2001 e la nuova legge quadro 96 del 2006. E di numerosi interventi regionali.
“Abbiamo previsto uno stanziamento complessivo di 35 milioni e mezzo di euro a favore dell’inserimento di nuove strutture nell'offerta turistica rurale: 9,5 milioni saranno destinati a favorire l'approvvigionamento e l'utilizzo di fonti di energia rinnovabili, e altri 26 milioni per sostenere la diversificazione, la creazione e lo sviluppo di piccole imprese – racconta Franco Manzato, assessore regionale all’Agricoltura della Regione Veneto. "La Regione – spiega l'assessore – agirà dunque per l'agriturismo su due fronti: utilizzo di energia pulita e sviluppo economico delle imprese". Nonostante i supporti, non mancano i soliti problemi, dall'eccessivo carico burocratico gravante sulle aziende all’esigenza di un maggior coordinamento tra i diversi organi controllori fino alla necessità di una maggiore semplificazione dei criteri di definizione del numero annuo massimo dei pasti. L’agriturismo italiano ha avuto una marcia in più, però, anche nel sapersi ben conciliare con la realtà crescente del biologico. Del resto entrambe le opzioni sono caratterizzare da ambienti giovani, per lo più a conduzione familiare, innovativi, sensibili alle nuove tecnologie.
Dall’ultimo bio-report di ministero delle Politiche agricole, Inea, Ismea e Sinab, emerge che il biologico è un toccasana anche per il lavoro e per il guadagno: il reddito netto per unità lavorativa familiare è di 51.478 euro contro i 34.294 euro delle aziende che producono in modo convenzionale. Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab, l’associazione italiana per l’agricoltura biologica spiega: “Nelle aziende bio c’è bisogno di più manodopera umana. Un facile esempio: dato che non si passa con il trattore a dare il diserbante (lavoro di una persona), ci vogliono più persone che passano a togliere le erbe infestanti. Se si considerano questi dati sul reddito il modello agricolo di tipo industriale al quale sono orientate tutte le politiche e le norme attuali mostra il proprio fallimento anche sul piano economico”.
Il mondo del biologico è quello più attento alla multifunzionalità agricola. La diversificazione delle attività produttive, in cui rientrano soprattutto agriturismo e fattorie didattiche, è praticata dal 17 per cento delle aziende biologiche (oltre il triplo rispetto a tutte le altre aziende) e la vendita diretta è praticata dall’89 per cento delle aziende bio rispetto al 64 per cento delle altre. Di più: le aziende bio sono guidate da giovani (il 22 per cento ha un titolare di età compresa tra 20 e 39 anni, a fronte del 9,6 per cento relativo al totale delle aziende), che possiedono un titolo di studio mediamente elevato (il 17 per cento è laureato e 32 per cento ha un diploma di scuola superiore, contro rispettivamente, il 6 per cento e il 18 per cento) e molto attenti alle nuove tecnologie e alle nuove forme di sviluppo. Il 15,6 per cento delle aziende biologiche italiane è informatizzato (contro il 3,8% delle convenzionali), il 10, per cento ha un sito web (contro l’1,8 per cento) e il 5,2 per cento pratica l’e-commerce (contro lo 0,7 per cento). Continua Vizioli: “Nel biologico possiamo parlare di un’evoluzione a 360 gradi, in linea con una trasformazione sempre più evidente della società e della domanda. Una forte propensione al cambiamento e all’innovazione e allo stesso tempo una salvaguardia di quei valori (primo fra tutti la dimensione familiare) che hanno fatto del made in Italy una delle produzioni più apprezzate al mondo”. C’è ancora di più. Agriturismo e biologico rappresentano le punte di diamante di un settore agricolo che nel suo complesso sta comunque reggendo bene alla crisi. Anzi, da più parti arrivano indicazione secondo cui per una crescita solida è auspicabile il rilancio dell’agricoltura e delle piccole e medie aziende collegate al comparto primario.
Ciò, ad esempio, è emerso nella riunione dei presidenti delle Commissioni parlamentari dei Paesi dell’Unione europea competenti in materia di agricoltura, sviluppo industriale e piccole e medie aziende. Sia Pietro Grasso, presidente del Senato, sia Laura Boldrini, presidente della Camera, presenti alla riunione, hanno sottolineato come sia prioritario per l'Unione europea promuovere modelli incentrati sulla qualità della produzione, la tutela dei lavoratori e dei consumatori, il rispetto per l'ambiente e la difesa delle risorse naturali, invece che sulla quantità del prodotto. Non può essere accettata l’idea che l'agricoltura e la piccola e media industria appartengano ad un passato irrimediabilmente superato. Ne diventa invece necessario il rilancio in una prospettiva di crescita duratura, ponendo l'accento sulla salvaguardia della compatibilità ambientale, dell'uso razionale delle risorse naturali e della sostenibilità sociale, può assumere una funzione decisiva per una crescita solida.
L’agriturismo, poi, assume una valenza culturale oltre che economica, avvicinando gli ospiti all’anima più autentica del territorio, alla sua storia, alle sue vocazioni. La connessione tra agricoltura e cultura costituisce una calamita in grado di attrarre quote crescenti di popolazione, e in particolare le più giovani generazioni. Nei giorni scorsi, presso la fattoria di Maiano a Fiesole (Firenze), ha avuto luogo un interessante convegno su “Agriturismo, eccellenza toscana: passato, presente e futuro”. L’iniziativa è stata organizzata da Agriturist Toscana, che proprio quest’anno celebra i 50 anni di vita,
Infatti furono proprio alcuni agricoltori toscani che nel 1964, rendendosi conto delle difficoltà che tale attività, allora agli arbori, stava cominciando a mostrare e della necessità di creare un’associazione che unisse i vari operatori nell’intento di condividere le problematiche e riuscire a superarle, diedero vita alla prima forma embrionale di associazionismo tra strutture ricettive in campagna. La parola “agriturismo” deriva da proprio da Agriturist e la Toscana vanta il primato di essere la prima forma associativa organizzata nel settore. Agriturist ha avuto la sua legittimazione nel 1965 come l’associazione nazionale per l’agriturismo, l’ambiente e il territorio e nel 1987 è divenuta associazione ambientalista riconosciuta a livello ministeriale. La mission invariata da allora è quella di promuovere e tutelare l’agriturismo, i prodotti nazionali dell’enogastronomia regionale, l’ambiente, il paesaggio, la cultura rurale. Attualmente Agriturist associa circa 2.000 aziende agricole a livello nazionale (400 in Toscana) che svolgono o intendono svolgere attività agrituristica, assistendole sotto il profilo normativo, organizzativo e promozionale.
“La nostra iniziativa è servita per approfondire alcune fondamentali tematiche che riguardano il turismo in campagna che si pone ormai come uno dei settori trainanti dell’economia italiana – spiega Laura Cresti, presidente di Agriturist Toscana. “Nonostante la crisi continui a ‘picchiare duro’ – aggiunge Fabiola Materozzi, responsabile del coordinamento regionale – e le vacanze in campagna ne risentano, gli operatori si rimboccano le maniche e fanno di tutto per tenere alto l’interesse intorno al loro lavoro, investendo molto anche in fatto di nuovi strumenti di promozione e comunicazione del settore agrituristico”.
L’agriturismo del futuro, oltre ad essere particolarmente attento alle nuove tecnologie ed alla comunicazione on-line, esplora anche nuovi e inediti terreni. E’ il caso del cosiddetto “agriwedding”, cioè l’opportunità di effettuare un matrimonio in fattoria.
E’ il caso, ad esempio, dell’agriturismo “Alle Rose” di Massanzago, in Veneto. Franca Dussin, titolare dell’agriturismo, propone il matrimonio in fattoria "all inclusive": non solo pranzo di nozze e servizio fotografico, ma anche abito da sposa, bomboniere all'uncinetto, fino all'ospitalità nel centro benessere. Costo totale, in periodo di crisi, circa settemila euro (menù sui 40-50 euro a testa, con prodotti aziendali e attenzione anche a vegetariani e vegani, bomboniere all’uncinetto intorno ai 10 euro l’una, grazie all’artigiana Celestina Mamprin, book fotografico a partire da circa 500 euro). “Abbiamo anche organizzato un matrimonio arabo – racconta la titolare – siamo dunque pronti a qualsiasi evenienza".