I produttori italiani di lievito, nel lanciare il loro allarme sulla mancanza di materia prima, hanno fatto presente che questa situazione porterà conseguentemente ad un aumento dei costi di produzione del lievito e, quindi, ad un aumento del suo prezzo di vendita ai panifici, che ovviamente lo trasferiranno poi sul prezzo del pane. Le cause di questa grave situazione sono attribuite dai produttori di lievito alla riforma dell'Ocm zucchero, che ha modificato il regime delle quote di produzione e ha proceduto alla dismissione degli impianti di trasformazione per cui si è determinata, di conseguenza, una notevole contrazione delle superfici investite a barbabietola da zucchero. D'altra parte il nuove regime comunitario basato su quote produttive inferiori a quelle del regime precedente comporta come conseguenza che i prelievi supplementari per la produzione fuori quota sono talmente elevati da scoraggiare qualsiasi sforamento. E' possibile sforare le quote assegnate solo nel caso in cui si produca per uso industriale e non per uso alimentare come è il lievito impiegato nella panificazione, ottenendo quindi, prodotti farmaceutici o per la mangimistica.
La nuova Ocm zucchero ha assegnato all'Italia una quota ridotta del 50% rispetto a quella prima della riforma in relazione alle quote assegnate al nostro Paese ma in realtà nel periodo 2005-2006, si calcola una riduzione del quantitativo di zucchero italiano pari al 67 per cento. In ambito UE, la materia prima ha subito un decremento pari a circa un milione di tonnellate. Non a caso, pur con qualche recente ridimensionamento a seguito della svalutazione del dollaro, i prezzi internazionali dello zucchero hanno raggiunto livelli record. La situazione precipiterà nel 2012 a seguito della decisione, da parte della Commissione, di innalzare il "fuori quota" per le esportazioni di zucchero, passando da 350mila a 1 milione di tonnellate a partire dal 1° gennaio 2012 e quindi riducendo ulteriormente gli stocks comunitari di zucchero. La riduzione delle quote di coltivazione della barbabietola da zucchero ha avuto come conseguenza che gli agricoltori si sono orientati verso le colture energetiche come il mais, anche in considerazione degli incentivi comunitari e nazionali dirottati verso queste nuove forme di investimento. I produttori di lievito si trovano quindi di fronte a notevoli difficoltà di approvvigionamento della materia prima in quanto quella italiana scarseggia sempre più e quella internazionale ha costi sempre più elevati che non rendono conveniente il suo utilizzo.
Secondo i dati diffusi dall' associazione di categoria, Assitol, la produzione mondiale di lievito ammonta a 2.800.000 tonnellate. A trainare il settore è il lievito fresco con 2 milioni di tonnellate, contro le 800mila di prodotto secco. Dell'intera produzione mondiale, un terzo viene realizzato dagli operatori all'Europa che, con le sue 980mila tonnellate di lievito, ha conquistato la leadership del settore. Più in dettaglio, il lievito fresco prodotto in territorio europeo si aggira sulle 700mila, di cui 265mila destinate alle esportazioni.
Molto più alta, per la tipologia di prodotto, la quota di export nel lievito secco, pari all'85 per cento. In generale, circa il 30 per cento della produzione UE è venduta nei Paesi Terzi. Va sottolineato che, a costituire un mercato così significativo, sono nel complesso 36 stabilimenti distribuiti tra Nord, Centro e Sud Europa.
Il mercato italiano, anche se ristretto ad un numero limitato di aziende, poichè si tratta di imprese a forte capitale d'ingresso, ha venduto 59 mila tonnellate di lievito fresco, contro meno di un migliaio di quello secco. Anche l'export colloca l'industria nostrana ai primi posti in Europa, con oltre 30 mila tonnellate di lievito, acquistate soprattutto da Francia, Grecia, Spagna e Paesi dell'Est.
Le imprese chiedono ora alle istituzioni italiane di farsi portavoce del malessere del comparto tenuto conto che da settembre, la questione potrebbe davvero diventare spinosa. Al riguardo, il Gruppo Lievito di Assitol ha proposto di rivedere verso l'alto le quote di produzione fissate dalla Ue, evitando così di accrescere la dipendenza dalle importazioni.