Il tè, ovvero un aiuto naturale più efficace del caffè per vivere più a lungo. A sostenerlo uno studio presentato al convegno European Society for Cardiology di Barcelona dal Prof. Nicolas Danchin dell’Hôpital Européen Georges Pompidou di Parigi, secondo il quale la riduzione di rischio di mortalità sfiorerebbe il 25%. Benefici offerti dal tè garantiti per lo più dall’ampio contenuto di flavonoidi, antiossidanti naturali che contribuiscono ad esempio a ridurre l’invecchiamento cellulare e rappresentano un ottimo alleato per il cuore. Malgrado alcuni effetti positivi riconosciuti al caffè sarebbe quindi l’infuso a meritare il titolo di bevanda più salutare. Questo è quanto emergerebbe dallo studio condotto su circa 131mila individui d’età compresa tra il 18 e i 95 anni, tutti ritenuti a basso rischio cardiovascolare secondo il Paris IPC Preventive Medicine Centre, che hanno frequentato tra gennaio 2001 e dicembre 2008.
Durante questo periodo le morti per patologie cardiovascolari sono state 95 mentre i decessi per cause differenti 632. Suddivisi in base al consumo giornaliero di tazze di tè o caffè (nessuna, da 1 a 4, più di 4). I consumatori di caffè hanno evidenziato, in modo particolare se consumatori di almeno 4 tazze al giorno (il 57% del totale), maggiori rischi di mortalità connesse al vizio del fumo rispetto a chi non consumava tale bevanda. Chi non consumava caffè risultava inoltre più attivo dal punto di vista fisico, con una percentuale maggiore anche di individui in ottimo stato d’allenamento (45% rispetto al 41%). I forti consumatori di tè inoltre mostravano minori livelli di pressione sanguigna. A godere in particolare dei maggiori benefici offerti dal tè per quanto riguarda le malattie non legate al sistema cardiovascolare sono risultati essere i fumatori o gli ex fumatori. Quasi assente in chi non aveva mai avuto il vizio del fumo. In assoluto è emerso come il consumo di tè abbia ridotto di quasi un quarto il rischio di mortalità per patologie non cardiovascolari, mentre minore sarebbe risultato l’impatto per le patologie cardiache.