È allarme per l’apicoltura: il 2016 andrà in archivio come uno dei peggiori degli ultimi 35 anni, complice ancora una volta l’effetto di due fenomeni che rischiano di trasformarsi in vere e proprie calamità: i cambiamenti climatici e l’abuso di pesticidi in agricoltura. La situazione è estesa all’intera Europa, comprese aree geografiche come i Paesi dell’Est, solitamente grandi produttori di miele.
La produzione 2016 è andata addirittura peggio del 2008, l’annus horribilis che evidenziò i danni legati all’uso dei neonicotonoidi nelle colture del mais e portò al varo del progetto di ricerca Apenet, che si prefiggeva di valutare l'efficacia e gli effetti conseguenti alla sospensione dell'uso dei neonicotinoidi e fornire risposte alle problematiche legate ai fenomeni di mortalità e di spopolamento di famiglie di api.
Per fare solo qualche esempio, basti pensare che il solo miele di acacia bio è passato dalle 437 tonnellate prodotte nel 2015 alle 184 tonnellate di quest’anno; il miele di acacia convenzionale è precipitato da 266 a 91 tonnellate; il miele di agrumi è sceso da 54 a 35 tonnellate per la produzione bio e da 174 a 148 tonnellate per quella convenzionale. Tutto questo nonostante il costante aumento degli alveari messi a produzione (22.200 contro i 19.916 del 2015 nel caso del miele di acacia bio, 15.069 contro i 13.055 del 2015 per quello convenzionale; 3.255 contro 2.212 del 2015 per quello di agrumi bio) e di una base sociale di apicoltori che rimane sostanzialmente inalterata.
A fronte del progressivo calo di produzione, occorre attivare tutte le strategie possibili, per arginare un fenomeno che non accenna a diminuire. È dunque importante mantenere aggiornati i dati sugli avvelenamenti, che hanno mostrato la rilevanza del fenomeno, dando conclusione all’iter di finanziamento della Rete Nazionale di Monitoraggio Apistico, nata prima con il progetto “Apenet” (2009-2010) e poi con il progetto “BeeNet” (2011-2014) per raccogliere informazioni sullo stato di salute delle famiglie. Nel nuovo progetto “BeeNet” le api assumeranno il fondamentale ruolo di biondicatori dello stato di salute dell’ambiente, da cui si desumeranno anche le problematiche apistiche legate agli avvelenamenti da pesticidi.
Solo attraverso una ricerca sistematica e autorevole sarà possibile approfondire tutte le variabili che condizionano questo importante segmento produttivo. Da molti soci Conapi, dal nord al sud d’Italia, viene segnalata una preoccupante riduzione della spinta produttiva delle api. Secondo il Consorzio, questo fenomeno merita dunque approfondimenti sistematici, anche attraverso l’utilizzo dei rilevamenti della “rete Beenet”, in grado di inquadrare il fenomeno in un ambito scientifico.
Il crollo della produzione rischia di favorire due problemi strettamente connessi: da un lato, l’inevitabile innalzamento dei prezzi, con conseguenti problemi sul fronte distributivo/commerciale; dall’altro, la possibile apertura a nuove sofisticazioni.
In relazione a quest’ultima, va posto l’accento sul fenomeno delle triangolazioni tra Cina e Paesi europei che rappresenta una delle principali vie d’introduzione di prodotti sofisticati in Italia. Su questo fronte Conapi chiede pertanto la conferma, se non il rafforzamento, dell’efficace azione di controllo delle forze dell’ordine, affinché il danno subito dal comparto non sia ulteriormente aggravato.