Cresce del 17,2 per cento la domanda di vino dei Paesi extra-Ue nel primo bimestre 2016. ce lo dice l’Osservatorio Business Strategies Paesi terzi’, realizzata in collaborazione con Nomisma/Wine Monitor, che ha elaborato i dati delle dogane dei 10 principali Paesi buyer extra-Ue (Stati Uniti, Cina, Canada, Giappone, Svizzera, Australia, Russia, Norvegia, Corea del Sud e Brasile).
Dall’analisi emerge però un dato al di sotto delle aspettative per l’Italia, il prodotto made in Italy è sostanzialmente fermo ad un moderato +7,6%.
Che succede, dunque? L’Italia limita la crescita sia sui mercati principali, come gli Usa, dove il vino italiano segna un +12,2% in valore contro il +21,3% delle vendite provenienti da tutto il mondo; sia nei Paesi emergenti come la Cina, dove la crescita italiana è inferiore a quella globale (+14,8% contro +59%), anche se decresce la forbice sul trimestre (+18% contro +49%).
Giù le quote italiane di mercato anche in Canada, Giappone, Russia, Brasile e in Corea del Sud, mentre si registra una performance italiana sopra la media in Svizzera, Australia e Norvegia, in cui a fronte di un aumento complessivo delle vendite di vino attorno al 5% il Belpaese ha esportato rispettivamente +11,1%, +19,4% e +11%.
L’elaborazione è altamente rappresentativa in quanto i dieci Paesi analizzati rappresentano una quota di quasi il 97% del valore complessivo della domanda di vino italiano extra-Ue.