Sembra strano, ma anche il vino può essere vegan. Ciò si verifica solo se ogni passaggio dalla vigna al prodotto finito, compresi bottiglia e packaging, riesce ad essere controllato da un’azienda di certificazioni dotata degli opportuni accreditamenti per il settore agroalimentare ed enologico. Il primo vino di livello ad avercela fatta è Il Chianti Colli Senesi della Fattoria Casabianca, di Murlo di Siena. E’ stato certificato “cruelty free” dalla vendemmia del 2014 e segna già una crescita dell’export del 60%.
Dopo il primo anno di vendite del prodotto, i dati danno la misura di un vero e proprio successo, per certi versi inatteso anche dagli stessi produttori.
In un solo anno le vendite a livello nazionale sono cresciute di un 40%, quelle con l’estero del 60%. I Paesi con cui gli affari sono stati più proficui sono stati Stati Uniti e Inghilterra. Il prodotto in questi giorni si trova al Vinitaly di Verona.
Si tratta di un prodotto eco-friendly al 100%: si è tentato di ridurre al massimo l’impatto ambientale non solo controllando le procedure seguite nella produzione del vino, ma anche ponendo attenzione a come questi vini vengono confezionati. Le bottiglie sono diventate più leggere di un 25%, con un risparmio notevole di vetro e di energia per trasportarle; i tappi sono riciclabili, ricavati da biopolimeri a base vegetale; le etichette sono realizzate in carta riciclata.
Ma perché produrre vino vegano? Lo scopo è, oltre che di offrire un’alternativa anche a chi opta per l’eliminazione dei prodotti di derivazione animale, pure di arrivare ad un tipo di produzione che sappia valorizzare i luoghi d’origine in un modo nuovo. È produrre vini che siano sempre più espressione del territorio.